giovedì 11 giugno 2020

La pacciamatura dell’orto

Come abbiamo visto nel post precedente (https://agricolturaquattropuntozero.blogspot.com/2020/05/la-pacciamatura.html), pacciamare significa coprire il terreno attorno le piante dell’orto o del giardino, con del materiale organico (erba, paglia, foglie secche, trucioli di legno o segatura) o sintetico (teli biodegradabili o di plastica che verranno bucati in corrispondenza delle piantine), così da evitare la crescita delle malerbe, mantenendo allo stesso tempo un certo grado di umidità nel suolo e proteggendolo allo stesso modo dall'erosione e dal compattamento; esistono pertanto diversi tipi di materiali pacciamanti che possono essere classificati come organici e inorganici.


Prose coperte da pacciamatura


Materiali organici di origine naturale 

I materiali organici possono derivare dai residui colturali della precedente coltivazione, lasciati poi in superficie (chiamati anche cover crop) in modo da essere utilizzati come copertura vegetale vivente (inerbimento), oppure derivare da materiali naturali non lavorati come per esempio i residui di potatura, paglia, trucioli, corteccia, segatura, torba, pula di cereali ecc..; questo tipo di copertura viene utilizzata soprattutto per il bio-orto e l’orto sinergico.

Questo tipo di materiale organico è stabile ed esplica la sua funzione almeno fino alla stagione di crescita per una coltura annuale o più a lungo per una o più colture perenni; l’attività pacciamante dipende dalla sua composizione, ed i fattori che ne influenzano la rapidità di decomposizione sono, per esempio, il rapporto C/N, il contenuto di cellulosa e di lignina ma anche le condizioni pedoclimatiche e il tipo di microrganismi presenti nel suolo. 

L'effetto isolante della pacciamatura migliora con l'aumento dello spessore del materiale e dello strato superficiale, mentre l’età del residuo, il suo colore, l’ispessimento e la quantità, sono i fattori principali che influenzano la radiazione solare. La temperatura del suolo con i relativi effetti diminuisce con l’aumento del riflesso solare, questo fenomeno di solito è più grande nei residui luminosi come per esempio la paglia, ma diminuisce con l'invecchiamento, la decolorazione e con la sua decomposizione. 

Il vantaggio di questa tipologia di materiali essendo di natura organica, è quello di essere biodegradabile, pertanto, nel tempo, viene anche decomposta dai microrganismi presenti nel terreno, aggiungendo così sostanza organica e migliorando allo stesso tempo la tessitura e struttura del suolo.

Esistono anche materiali organici provenienti dalle trasformazioni industriali, per esempio i teli in fibra di cellulosa (carta); questo tipo di pacciamatura viene utilizzata come sostituto della plastica, anche perché la carta non richiede il recupero al termine della stagione e l'utilizzo poi di carta riciclata aiuta anche le aziende che se ne liberano, a ridurre i rifiuti solidi così come i costi energetici. Il problema di questo tipo materiale è la sua decomposizione, perché tende a decomporsi molto rapidamente e spesso non è in grado di garantire la copertura per tutta la stagione; tuttavia questo inconveniente può essere evitato trattando la carta con olio da cucina, in modo da ritardarne il suo disfacimento e migliorando allo stesso tempo il riscaldamento del terreno per l’aumentato spessore della carta nei confronti della luce solare.


Biotriturazione di rami provenienti da potatura


Materiali inorganici e film biodegradabili

I materiali inorganici possono essere naturali e non processati come ad esempio la ghiaia o la sabbia, quest’ultima utilizzata spesso negli orti per colture con foglia da taglio (esempio insalata), questo perché è facilitato lo sgrondo dell’acqua e la raccolta del prodotto. Altri materiali provenienti da trasformazione industriale sono per esempio i nastri di alluminio, le emulsioni bituminose (poco utilizzati), ma soprattutto film plastici (più utilizzati). La particolarità di questo tipo di pacciamatura è che il materiale con cui sono composti, non apporta alcuna sostanza nutritiva e humus al suolo, in più non si decompongono se non dopo una lunga esposizione agli agenti atmosferici.

I film plastici sono i più usati e i materiali di cui sono costituiti sono il poli-vinilcloruro (PVC), l’etilene-vinil-acetato (EVA) ed il poli-etilene (PE).

Tra i vari inconvenienti dell’uso dei materiali plastici per pacciamatura sono i costi di acquisto, quelli di una certa consistenza hanno costi non sempre bassi, la messa in opera, che se non viene ben eseguita non porta alcun beneficio, e infine, non per ordine d’importanza, il recupero e lo smaltimento, in particolare la rimozione spesso può essere difficoltosa per le problematiche legate alla frammentazione dei teli e alla loro dispersione sul terreno. Inoltre, i teli che vengono recuperati dal suolo devono essere trattati e smaltiti come rifiuti speciali perché spesso per la loro composizione con l’aggiunta di eventuali accumuli di antiparassitari sul materiale, rendono difficile lo smaltimento. Il problema dell’eliminazione di questo tipo di materiale, ma anche il recupero, fanno sì che la possibilità di avere pacciamanti fotodegradabili o biodegradabili possano avere maggior riscontro. 

Sul mercato esistono teli pacciamanti costituiti da biopolimeri degradabili a base di amido di mais (es. Mater-Bi® e polilattico) ed altri polimeri, quali per esempio copoliestere, poliesterammide e poliestere (PET modificato). La differenza sostanziale è il materiale, questi teloni rispetto ai polimeri convenzionali, hanno una struttura chimica e fisica differente, inoltre queste bioplastiche possono essere attaccate e degradate da microrganismi quali funghi e batteri. Il vantaggio è di conseguenza apprezzabile perché l’orticoltore si trova risolto sia il problema dello smaltimento sia il lavoro di rimozione dei teloni dalle aiuole, con notevole risparmio di tempo; inoltre, da studi recenti, sembra che i teli biodegradabili abbiano dimostrato di avere un effetto analogo al PE per quando riguarda la produzione e il controllo delle infestanti, con costi che possono essere equiparabili se si considerano la rimozione e lo smaltimento del polietilene.