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giovedì 13 aprile 2023

HUMUS E SOSTANZA ORGANICA

Spesso i termini humus e sostanza organica vengono utilizzati come sinonimi, tuttavia si tratta di un errore. La sostanza organica del terreno è costituita da due parti principali suddivise in “labile”, ossia formata da composti organici di base come gli zuccheri, peptidi, proteine enzimatiche e acidi nucleici (che possono essere presenti liberi nel terreno) e parte “stabile”, cioè l’humus. 
L’humus detto anche componente di valore, è in grado di migliorare le caratteristiche fisiche e strutturali, chimiche e biochimiche del suolo con funzioni parzialmente nutrizionali e importanti come le attività microbiche.



La sostanza organica

La sostanza organica del suolo è l'insieme dei composti organici presenti nel terreno di origine sia animale che vegetale, questo agglomerato eterogeneo sotto diversi aspetti, è in gran parte compreso fra i costituenti della frazione solida ed è prevalentemente di origine biologica.

La sostanza organica non s'identifica a rigore nell'humus, anche se spesso si tende ad usare i due termini come sinonimi.

È presumibile che una dotazione elevata di sostanza organica non si accompagni necessariamente ad un tenore elevato in humus con riflessi fondamentali sulle proprietà chimiche del terreno; tuttavia, un suolo può essere soggetto ad un intenso accumulo di sostanza organica non decomposta a causa di una stentata umificazione o, al contrario, vedere una mineralizzazione rapida e intensa, che sottrae gran parte della sostanza organica ai processi finali dell'umificazione. Queste tendenze sono regolate da molteplici fattori, i più rilevanti sono:

  • condizioni climatiche legate alle precipitazioni, alla temperatura e, eventualmente, al loro decorso stagionale;
  • potenziale di ossidoriduzione del terreno;
  • attività biologica e composizione della biocenosi (in ecologia il termine biocenosi derivante dal greco indica la comunità delle specie di un ecosistema che vive in un determinato ambiente) edafica;
  • il rapporto C/N della sostanza organica indecomposta.

La sostanza organica vegetale nel terreno è soggetta all’attività degli organismi viventi del suolo attraverso processi di decomposizione, fermentazione e trasformazione, fino al conseguimento dell’humus. 

Il principale componente della sostanza organica è il carbonio, che forma vari composti con l’ossigeno, l’idrogeno ed anche con l’azoto, il fosforo e lo zolfo, più composti inorganici come le ceneri. 

I residui vegetali e animali immessi nel terreno come per esempio la paglia, le stoppie, gli stocchi e il letame, saranno soggetti in tempi più o meno brevi, a complessi fenomeni biologici di carattere fisico-chimico di trasformazione da queste sostanze in humus, per arrivare poi al loro disfacimento; questi processi di trasformazione della sostanza organica prendono il nome di umificazione e mineralizzazione. 



Scorcio di terreno agrario fertile in una prosa di orto circolare



L’humus

L'humus è un componente chimico del terreno, pedologicamente omogeneo, di colore bruno e formato da prodotti di vario grado di polimerizzazione, frutto della degradazione e rielaborazione della sostanza organica della terra. È un complesso di sostanze organiche presenti nel suolo e rappresenta la parte più attiva sotto l'aspetto chimico e fisico della sostanza organica del terreno, interagisce con la frazione minerale e con la soluzione circolante influenzando le proprietà chimiche e fisiche della terra. 



Humus nel terreno di orto circolare con residuali vegetali in decomposizione


Il colore scuro del terreno superficiale è dato dalla presenza di humus, ossia il prodotto della materia animale e vegetale morta (nella fattispecie vegetale), decomposta e trasformata dai microrganismi del suolo. Oltre ad essere ricco di azoto, elemento indispensabile alla vita delle piante, l’humus ha un elevato potere assorbente, trattiene acqua e calore, creando le condizioni adatte alla vita della pedofauna presente (lombrichi in primis). Un’altra importante peculiarità è quella di svolgere una complessa funzione regolatrice sulla fertilità del terreno, la quale non sarebbe possibile senza la sua presenza. 


Per concludere possiamo affermare che la sostanza organica svolge un ruolo chiave nel mantenimento dell’equilibrio ecologico del terreno, rispettare tale equilibrio significa per preservarne la fertilità.






martedì 28 febbraio 2023

Perché fare l'orto

Con il termine orto si indica di solito un appezzamento di terreno dal quale, a seguito di lavorazione, si ricavano vegetali e funghi commestibili - dietologicamente, gastronomicamente e commercialmente noti come frutta e verdura oppure ortaggi - officinali, tessili ed ornamentali nonché mutuali. (https://it.wikipedia.org/wiki/Orto) 


L’orto è una passione che può essere alla portata di tutti, per ottenere dei buoni risultati richiede solo alcune accortezze, buona volontà e soprattutto costanza, perché coltivare verdure può rivelarsi più semplice di quel che si crede.

Lavorare un appezzamento o un semplice balcone, per iniziare, serve anche per avvicinarsi alla “terra” e comprendere che i ritmi della natura, essendo diversi da quelli imposti dall’uomo, ben si conciliano con il fisico, perché più adeguati al benessere sociale della persona; inoltre, mantenere la biodiversità orticola ed evitare la perdita di numerose varietà autoctone, è fondamentale tanto quanto l’aspetto produttivo. 

Fare un orto è anche un’attività soddisfacente ed educativa, adatta pure come esperienza utile per i bambini, oppure per la riabilitazione in ortoterapia. Chiunque abbia un piccolo appezzamento di terreno, ma anche un semplice balcone, passione per l’ambiente e la natura, può farlo.

Sul web e in libreria, sono presenti diversi libri sull’ orto biologico, biodinamico, sinergico, biointensivo, tradizionale e in generale sulla coltivazione e i suoi metodi, questo manoscritto invece,  vuole essere un percorso che, diversamente da quanto già presente in commercio, non aspira a ripercorrere gli stessi contenuti e le stesse forme di comunicazione, ma cerca attraverso i principi cardine della coltivazione senza residui chimici, che potremmo definire biologica con principi sinergici, di utilizzare pratiche agronomiche e concetti base di economia circolare, fornendo elementi chiari per approcciarsi all’orto in maniera differente. 

Cercare di dare contenuto ai sogni e alle passioni è sempre difficile; tuttavia, in questo libro, cerco attraverso un linguaggio comprensibile, di fornire elementi chiari a tutti coloro che vogliono coltivare un orto naturale (io definisco bioorto) attraverso dei principi di circolarità (da economia circolare) che consenta di avere le basi per autoprodurre in maniera semplice e sana ortaggi naturali.

L’obiettivo di questo manoscritto è quello di trasmettere concetti tecnici di orticoltura mediante elementi di economia circolare legati al recupero e al riciclo, nel tentativo di valorizzare anche quegli aspetti che inevitabilmente finirebbero il proprio ciclo produttivo come scarto. Adatto ad appassionati e principianti, nelle pagine di questo manuale troverete consigli per una coltivazione in pieno campo inteso come appezzamento di terra per chi avesse la possibilità di avere terreno, oppure per coloro che non avessero l’opportunità di coltivare in un’apposita area orticola, indicazioni per operare sul balcone di casa. 

Dopo aver letto questo libro, per chi fosse alle prime armi, si avranno informazioni necessarie per poter iniziare a coltivare il proprio orto, mentre, per chi fosse già esperto, si potranno avere visioni diverse di coltivazione rispetto alle metodologie tradizionali.

In questo manoscritto saranno fornite le nozioni base di Agronomia, Chimica del terreno, Ecologia e di difesa vegetale, che permetteranno di approcciare la coltivazione orticola in maniera naturale e nel rispetto dell’ambiente, così da avere ortaggi autoprodotti sani e salubri. Saranno altresì forniti concetti base di economia circolare, che applicati all’orticoltura, daranno la possibilità da una parte di vedere il ciclo produttivo dell’orto attraverso una visione di risorse e non di scarti, dall’altra approfondire nozioni di economia che potrebbe poi essere applicato in moltissime situazioni di vita comune.

Vi saranno esempi utili e laddove possibile, anche fotografie, basate sulla mia esperienza e sui miei studi che consentiranno di poter applicare in pratica i concetti esplicati nei vari capitoli.


Per chi volesse seguire un corso sull'orto naturale attraverso la logica della circolarità mediante una coltivazione basata sul recupero e il riciclo, attraverso conoscenze di base di chimica, agronomia, patologia vegetale, concimazione, consociazione e rotazione delle colture orticole. Qui trovate il mio corso




Agr.Dott. Mauro Bertuzzi



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lunedì 14 giugno 2021

La flora spontanea

La flora spontanea, costituita da malerbe, erbacce e infestanti che crescono spontaneamente nelle coltivazioni, viene da sempre considerata in modo negativo dagli orticoltori, tuttavia, se ben gestita e conosciuta, nella conduzione dell’orto circolare e non solo, può essere vista come una risorsa e non come uno svantaggio.



Le malerbe possono svilupparsi eccessivamente e senza controllo, andando così a competere con le colture dell’orto per l’acqua, i nutrienti e la luce, mettendo in questo modo in difficoltà le piante e la loro crescita, per questo motivo la flora spontanea andrà sicuramente contenuta. Se invece, le proprietà di queste erbe fossero meglio conosciute così come le loro funzioni, alcune di esse potrebbero essere rivalutate in quanto importanti per:

  1. il nutrimento e l’ospitalità di molti insetti utili anche impollinatori; 
  2. In quanto nemici naturali di alcuni parassiti di piante.
  3. Essere sentinelle in grado di individuare presenze pericolose per le coltivazioni.

Un’altra importante peculiarità nel riconoscimento delle malerbe è la possibilità di studiare le caratteristiche del terreno: alcune varietà, infatti, sono in grado di indicare se il suolo ha una buona dotazione di principi nutritivi, altre invece, se ha buona struttura, altre ancora se vi è un forte compattamento.

Partendo dalla condizione che per la natura un terreno “nudo” non è una condizione normale, dovremmo ragionare sul fatto che per tale motivo qualora vi fossero degli spazi incolti, questi verrebbero coperti da una vegetazione naturale così da proteggere quella parte di suolo dall’erosione, dalla formazione di crosta e dalle forti radiazioni solari che influirebbero negativamente sugli organismi terricoli. Per questo motivo la vegetazione protettiva si svilupperà dapprima con piante cosiddette  “pioniere”, cioè forti e con uno sviluppo rapido, le quali dapprima miglioreranno le caratteristiche del suolo e lo renderanno ospitale per le diverse specie che poi a loro volta lo faranno con altre per raggiungere con gli anni un equilibrio adatto a quel tipo di suolo; in questo modo le malerbe presenti nella maggior parte degli orti saranno così competitive, in quanto piante rustiche, forti e vigorose anche senza essere coltivate.

Quando andremo a coltivare il nostro orto circolare in qualche modo forzeremo il ciclo naturale imponendo lo sviluppo di una o poche specie, per questo motivo sarà fondamentale gestire la flora spontanea e la sua biodiversità contenendola con una buona pacciamatura.


Agr.Dott. Mauro Bertuzzi



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martedì 13 aprile 2021

La biodiversità nell'orto circolare

Il termine biodiversità deriva dal greco bios che significa vita, e dal latino diversitas che significa differenza o diversità. Come traduzione alternativa si potrebbe proporre biovarietà o varietà della vita presente sul pianeta. Il termine biodiversità si è ormai consolidato e viene comunemente utilizzato nei diversi ambiti scientifici e culturali (Wikipedia).


Vegetazione spontanea ai margini dell'orto circolare


In un orto circolare, possiamo affermare senza problemi che questo elemento è alla base delle coltivazioni, in quanto la diversità viene vista come una ricchezza ed un opportunità per produrre ortaggi sani, salubri e nel massimo rispetto dell’ambiente. 

Una prima regola è la diversificazione nella fase di semina e/o trapianto, ossia: quando andremo a seminare o trapiantare i nostri ortaggi, cercheremo all’interno di un singolo bancale, di non inserire una sola coltura, ma di sfruttare le consociazioni, ovvero cercare combinazioni di piante che staranno bene assieme e si supporteranno vicendevolmente.

Molto importante avere delle zone con vegetazione spontanea vicino al nostro orto circolare, questo aspetto sarà utile per le sue svariate funzioni che andranno dall’arricchimento del suolo di sostanza organica negli anni successivi alla funzione di attrazione per gli impollinatori e gli insetti utili. A tal proposito sarà fondamentale coltivare fiori e piante sempre nei pressi della zona orticola, in modo da favorire l’arrivo di api, bombi, sirfidi, ecc., utili per l’impollinazione, in questo modo miglioreremo di fatto orto e ambiente.

Basilare sarà anche la cura del suolo, infatti, come abbiamo visto nei paragrafi precedenti, avere diversità biologica nel terreno in termini di insetti e lombrichi, e di microrganismi, porterà assoluto beneficio sia in termini agronomici e quindi produttivi, ma anche di salvaguardia dell’ambiente inteso come non dispersione della CO2 nell’atmosfera.

Altro aspetto importante sono le sementi che garantiscono la diversità genetica e la riproducibilità, quindi non utilizzare come abbiamo visto nell’apposito capitolo sulle sementi gli ibridi commerciali F1, sia perché non sono geneticamente predisposti alla riproduzione e sia per la discendenza che presenterebbe delle caratteristiche diverse dalle piante originarie.

Chi avesse poi gli spazi, sarebbe importante ospitare piccoli animali come i ricci o le cinciallegre mediante una siepe ecologica, oppure anche predisporre un bugs hotel (casetta insetti utili), una bat box (casetta pipistrelli) e/o un ricovero per uccelli insettivori; tutto questo mix è basilare perché la natura genera spontaneamente quella diversità di cui abbiamo necessità.



giovedì 14 gennaio 2021

L’orto sinergico in inverno

L’orto sinergico basandosi sui principi dell’agricoltura sinergica, presuppone una metodologia agronomica applicabile esclusivamente in regime di agricoltura biologica, considerata ad oggi, l’ultima frontiera di questo tipo di agricoltura e praticata con delle tecniche che in “regime biologico” sono solo consigliate e auspicate ma non obbligatorie. 

In sostanza il metodo sinergico si basa su tecniche agronomiche ed accorgimenti che mirano principalmente alla fertilità del suolo e alla conseguente miglior salute del sistema suolo-microrganismi-piante, esattamente come per l’orto biologico, ma con misure molto più incisive. 

Fondamentale per questo tipo di orticoltura, è la definizione degli spazi, ossia la determinazione di passaggi che vengono normalmente lasciati nel terreno tra le file di ortaggi per consentirne la cura e la raccolta; con questa metodologia le distanze create, devono essere definitive, in modo da delimitare in maniera univoca, il percorso di camminamento e dove si coltiva, applicando ogni accortezza affinché non vi sia più bisogno di calpestare le zone coltivate. Per semplicità vengono chiamati “passaggi” i percorsi calpestabili e “bancali” o “aiuole” le zone coltivate.


Rincalzatura di pacciamatura in autunno


Gli ortaggi invernali

In inverno anche per l’orto sinergico, le colture orticole che vengono definite, devono tenere conto dell’adattabilità alle basse temperature dei singoli ortaggi; per esempio le piantine trapiantate a partire dalla fine dell’autunno con crescita e sviluppo in inverno ma con maturazione e raccolta in primavera sono: piselli, fave, cipolle e aglio. Oppure vi sono anche ortaggi trapiantati a partire dalla fine dell’estate con crescita e sviluppo in autunno ma con maturazione e raccolta in inverno; i più i portanti sono: cavoli, broccoli, verze, porri e finocchi.

Vi sono poi delle piante cosiddette perenni quali il rabarbaro e il carciofo che restano in campo tutto l’anno compreso l’inverno.

In generale durante i mesi freddi, le verdure a foglia verde, come i cavoli, le verze e i broccoli, resistendo maggiormente rispetto ad altri ortaggi alle temperature rigide, sono l’ideale per la coltivazione orticola, inoltre sono anche ricche di sapore e micronutrienti.



Consociazioni e lavorazioni invernali 

L’attività invernale è ridotta al minimo, ma già da fine autunno (novembre) si potrebbero seminare per esempio la lattuga e il radicchio in coltura protetta sotto i teli. 

Nel mese di dicembre è possibile invece, provvedere al riassetto e al consolidamento dei bancali (evitando il compattamento del terreno) e a strutturare con nuovo materiale pacciamante le aiuole per proteggere le recenti semine dal freddo, in quanto parte della vecchia pacciamatura si è degradata ed è diventata compost di superficie; è fondamentale poi fare copertura pacciamante anche sui passaggi fra i bancali, così da evitare alle aiuole di perdere umidità dalle sponde.

Successivamente nel mese di gennaio, laddove fosse possibile lavorare in coltura protetta, è il momento giusto per iniziare a seminare colture per la primavera estate come: il basilico, la melanzana, il pomodoro, ecc.…Tuttavia, considerando che nell’orto sinergico saranno ancora presenti altre colture invernali, le consociazioni sfavorevoli da evitare saranno: cavoli-cipolla, cetriolo-pomodoro, ravanello-cetriolo.

Dal mese di febbraio si potrebbero già seminare all’aperto l’aglio, le bietole, la cicoria, la cipolla, il radicchio, le rape, il ravanello e lo spinacio, oltre che proseguire con le carote se iniziata la semina a gennaio; vanno evitate le consociazioni di aglio-cavoli, aglio-pisello, cipolla-cavoli, cipolla-pisello, rape-spinacio, ravanello-cetriolo, prezzemolo-lattuga, sedano-lattuga, cavoli-cipolle, cavoli-finocchio.

A marzo con il rialzo delle temperature, inizia la ripresa vegetativa e quindi delle attività, prosegue comunque la coltivazione in coltura protetta per esempio di anguria, cetriolo, melanzana, melone, peperone, sedano e zucchine, ma allo stesso tempo si può iniziare anche la semina sempre in ambiente protetto, di fagiolo e zucca. All’aperto si può cominciare a seminare anche la bietola, la carota, la cicoria, l’insalata, la lattuga, il radicchio, le rape, il ravanello lo spinacio, il pisello e il prezzemolo. Inoltre, in primavera si può procedere anche al trapianto all’aperto di aglio e cipolle. Da evitare le consociazioni di fagiolo-aglio, fagiolo-cipolla, fagiolo-finocchio, fagiolo-pomodoro e zucca-cetriolo.


Pianta di Tagete nell'orto


La difesa 

In orticoltura sinergica i prodotti di origine naturale, sia antiparassitari che anche i fertilizzanti, si usano il meno possibile, perché si preferisce applicare strategie preventive di coltura piuttosto che usare dei prodotti che pur essendo naturali sono comunque estranei all’ecosistema. In generale, la grande cura profusa nel conservare le condizioni ideali di formazione dell’humus nei bancali e le buone pratiche agronomiche, permettono la crescita di piante sane e decisamente resistenti a parassiti e malattie

La filosofia di base è quella di cercare di tenere in salute tutto il sistema suolo-microrganismi-piante, in modo che questi meccanismi compensino autonomamente l’eventuale insorgere di patologie. Inoltre, nel metodo sinergico, come abbiamo visto nel paragrafo precedente, si utilizzano consociazioni all’interno dello stesso bancale, in funzione delle indicazioni “fitosociologiche” di reciproco stimolo alla crescita e di reciproca difesa, questo per poter stimolare barriere naturali per le colture presenti.

Fondamentale è la prassi di coltivare delle piante ad azione repellente (come per esempio il tagete, la calendula, il nasturzio, piante aromatiche, ecc.) in mezzo agli ortaggi, i quali a loro volta sono scelti in modo che in ogni bancale siano presenti almeno tre famiglie diverse contemporaneamente. 

Oltre alla specifica azione repellente, la diversificazione delle colture a così stretto contatto, è una grande difesa contro molti tipi di attacchi parassitari che in questo modo potranno avere una diffusione molto limitata. 

Il risultato di una coltivazione con il metodo sinergico è un impianto permanente con una vastissima biodiversità dove piante perenni trovano posto vicino a colture annuali che, a loro volta, hanno una posizione sistematica ma intervallata da diverse famiglie. Con tale metodo le colture non seguono una rotazione ma delle successioni, perché nello stesso appezzamento convivono piante con diversi periodi di sviluppo che vengono sostituite singolarmente con altre specie che iniziano il loro ciclo vitale in corrispondenza della fine delle precedenti. 

Dopo aver iniziato la coltivazione dell’orto sinergico, con il tempo, diminuiscono anche drasticamente le eventuali necessità di specifici trattamenti antiparassitari, questo  perché le colture diventano più resistenti grazie soprattutto ad un terreno più fertile e una naturale difesa dovuta all’effetto combinato delle piante ad azione repellente e alla grande biodiversità. 


Pianta di Melissa nell'orto



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martedì 10 novembre 2020

L’orto biologico in inverno

Al giorno d’oggi avere un orto e poterlo curare, è una passione che negli ultimi anni sta accomunando milioni di italiani, sempre più entusiasti di questa bellissima esperienza che per molte persone è diventata molto più di un hobby. Le motivazioni che accomunano questi appassionati sono diverse, così come le modalità, si passa da orti urbani condivisi o in affitto, ai più tradizionali orti familiari, magari nel proprio piccolo pezzo di terra vicino casa, o più semplicemente a orti realizzati sul balcone. In ogni caso oltre alla passione, ciò che accomuna di più gli hobbisti orticoltori, è poter lavorare un orto con metodo biologico, per avere cibi sani da portare in tavola. Coltivare un orto porta vantaggi sicuramente in termini di produzione di ortaggi, ma anche risparmi a livello economico e ambientale, consentendo allo stesso tempo di tutelare l’ecosistema in cui si vive.


Autunno: prose pronte con piantine di verze


Alcune regole base

La prima regola per gestire un orto biologico è non utilizzare pesticidi chimici di alcun tipo, cercando di impiegare metodologie naturali per poter avere prodotti salubri nel rispetto dell’ambiente e della sua sostenibilità. Si inizia con l’utilizzo di semi biologici possibilmente coltivati in luoghi soleggiati, condizione che aiuta a far crescere le piante più sane. Altro aspetto fondamentale è la gestione agronomica, applicando la rotazione delle colture, così da non seminare per due anni successivi le stesse verdure nel medesimo spazio, in questo modo si evita l’impoverimento e il depauperamento del suolo. In fase di partenza sarà anche opportuno preparare il terreno vangando ed eliminando le erbacce da eventuali pietre e rami, possibilmente arricchendo il terreno con del buon concime maturo: stallatico, pollina o composto organico; va benissimo anche la concimazione verde, ovvero lasciare nel terreno l'erba tagliuzzata fine affinché si decomponga.



Le cure invernali

La stagione invernale con le sue basse temperature e le poche ore di sole, è il periodo nel quale l’orto ha minori possibilità di coltivazione e la maggioranza delle piante non sono coltivabili. Tuttavia, anche durante i mesi invernali, vi sono dei lavori da fare in quanto vi sono alcune colture (ortaggi invernali) che avendo una maggior resistenza al freddo, riescono a crescere e a produrre verdure anche di ottime qualità organolettiche.

Lavorare l’orto in inverno, consentirà di ottenere benefici importanti per la salute del terreno, in questo periodo, infatti, i parassiti sono molto più rari, così come anche le erbe infestanti che spesso contribuiscono a rovinare le colture; altro beneficio considerevole è la fertilità del suolo, questo anche grazie alle piogge che dovrebbero abbondare nel periodo. 

La vangatura invernale, laddove possibile, porta in superficie i parassiti, che nei mesi freddi vengono uccisi per via delle basse temperature.

La concimazione del terreno, aspetto agronomico molto importante per la stagione, potrà essere fatta con concime maturo quale lo stallattico, la pollina oppure anche il compost organico o biocompost autoprodotto, magari utilizzando alcuni residui, quali per esempio:

  • scarti di frutta, ortaggi e fiori secchi
  • gusci d’uova triturati
  • filtri di tè e caffè
  • fogliame
  • materiali legnosi sminuzzati per esempio dalle potature del giardino 

Successivamente una volta raccolto il materiale, sarebbe auspicale lasciare per un mese tutto insieme a sedimentare in modo da avere un biocompost maturo da utilizzare per l’orto.

Se si hanno salvia, rosmarino, alloro e altre erbe aromatiche, è importante coprire le piante con tessuto-non-tessuto per evitare che gelate improvvise durante la stagione invernale arrechino danni irreversibili.

Se fosse possibile avere un semenzaio, sarebbe possibile nei mesi di gennaio e febbraio piantare per esempio lattughe, bietole, spinaci e altri ortaggi.

Ideale sarebbe poi fare anche manutenzione agli attrezzi che si utilizzeranno poi con la bella stagione.

Infine le annaffiature, l'orto invernale non ne richiede frequenti, in quanto la maggior parte delle piante che vengono coltivate a basse temperature non hanno necessità di molta acqua, soprattutto perché il clima al nord è già abbastanza umido e freddo; in ogni caso, quando il terriccio è evidentemente secco, è bene bagnarlo, senza tuttavia eccedere, è importante infatti dare acqua almeno fino a quando la terra è in grado di assorbirla, così da evitare ristagni in superficie. L’acqua dev’essere a temperatura ambiente.

L’inverno può essere una fonte piuttosto utile e importante per poter dare all’orto una nuova vita in attesa di quella primaverile.


Prose con ortaggi


Le coltivazioni invernali

Le poche piante in grado di resistere alle fredde gelate di stagione, possono stare nell’orto tutto l’inverno e arrivare a raccolta a fine anno, queste colture vengono chiamate ortaggi invernali. Tali verdure possono essere suddivise in due gruppi: 

  1. ortaggi trapiantati a partire dalla fine dell’autunno con crescita e sviluppo in inverno ma con maturazione e raccolta in primavera; i più i portanti sono: piselli, fave, cipolle e aglio.
  2. ortaggi trapiantati a partire dalla fine dell’estate con crescita e sviluppo in autunno ma con maturazione e raccolta in inverno; i più i portanti sono: cavoli, broccoli, verze, porri e finocchi.

Vi sono poi delle piante cosiddette perenni quali il rabarbaro e il carciofo che restano in campo tutto l’anno compreso l’inverno.

In generale durante i mesi freddi, le verdure a foglia verde, come i cavoli, le verze e i broccoli, resistendo maggiormente rispetto ad altri ortaggi alle temperature rigide, sono l’ideale per la coltivazione orticola, inoltre sono anche ricche di sapore e micronutrienti.

Possono essere oggetto di coltivazione anche gli spinaci e le cime di rapa, se le temperature non sono particolarmente dure nei mesi invernali; in alcune zone d’Italia

laddove il clima è magari meno rigido rispetto al Nord, si possono anche coltivare radicchio e scarola.



Cavolo romanesco


Le principali malattie dell’orto invernale

Durante l’inverno molti parassiti ed insetti che proliferano in condizioni ambientali favorevoli (caldo/umido) in stagioni come la primavera e l’estate, non sono presenti, tuttavia, il freddo le gelate improvvise (al nord negli ultimi anni a fine inverno sono state piuttosto frequenti) e gli sbalzi di temperatura, possono far ammalare le piante e farle morire. Sarebbe quindi consigliabile almeno nei giorni in cui le temperature sono piuttosto rigide oppure dove si rischiano sbalzi termici (fine inverno), coprire le piantine nell’orto con teli, perlomeno la notte. 

Parassiti abbastanza resistenti che possono provocare problemi anche in tardo autunno e a fine inverno, appena le temperature tendono a rialzarsi anche leggermente, sono gli afidi (https://it.wikipedia.org/wiki/Aphidoidea). Pertanto, nel caso in cui vi fosse un’infestazione, è possibile utilizzare piretro naturale: insetticida ad ampio spettro ammesso in agricoltura biologica. Volendo si potrebbe anche lavorare sulla prevenzione, soprattutto in inverno, ossia bagnando il terriccio con acqua mista ad un decotto di ortica, ovviamente se fosse possibile recuperarla in loco. La preparazione e l’utilizzo sono molto semplici: bollire per una ventina di minuti dell'ortica in poca acqua, filtrare ed aggiungere un cucchiaino di questo liquido all'acqua di irrigazione.





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lunedì 14 settembre 2020

La lotta integrata in agricoltura

La lotta integrata è una pratica di difesa delle colture che prevede una drastica riduzione dell'uso di fitofarmaci attraverso una metodologia alternativa rispetto all’utilizzo esclusivo di sotanze chimiche. In pratica, la difesa integrata è una strategia che consente di limitare i danni derivanti dai parassiti delle piante utilizzando tutti i metodi e le tecniche disponibili nel rispetto dell’ambiente e della salute dell’uomo.


Foglia di pomodoro attaccata da mosche bianche (danno indiretto)


La normativa

La Direttiva CE n.128 del 21 ottobre 2009 che istituisce un quadro per l’azione comunitaria ai fini dell’utilizzo sostenibile dei pesticidi, definisce la difesa integrata come: “l’attenta considerazione di tutti i metodi di protezione fitosanitaria disponibili e la conseguente integrazione di tutte le misure appropriate, volte a scoraggiare lo sviluppo di popolazioni di organismi nocivi e che mantengono l’uso dei prodotti fitosanitari e altre forme d’intervento a livelli che siano giustificati in termini economici ed ecologici, riducendo o minimizzando i rischi per la salute umana e per l’ambiente.”

La difesa fitosanitaria integrata delle colture agrarie è quindi una tecnica di produzione a basso impatto ambientale che ha come finalità, quella di ottenere produzioni agricole vegetali accettabili dal punto di vista economico, realizzate in modo da ridurre i rischi per la salute umana e per l’ambiente



Cos’è la lotta integrata

Nata inizialmente come metodologia atta a contenere i costi dei trattamenti chimici sulle colture agrarie, si è poi “affermata” rispetto alla difesa chimica a calendario che mirava per lo più all’eliminazione dell’agente di danno, come metodo in grado di raggiungere un equilibrio che sia economicamente vantaggioso per l’agricoltore e sia rispettoso dell’uomo e dell’ambiente. 

La difesa esclusivamente chimica, procedimento sempre meno utilizzato, in quanto presuppone interventi costanti a calendario legati alla frequenza del trattamento indipendentemente dalle condizioni e dai danni, risulta essere per la sua efficacia, di breve durata, aumentando allo stesso tempo il rischio di comparsa di organismi bersaglio non più sensibili ai prodotti utilizzati e anche non più economicamente sostenibili. La difesa integrata invece, al contrario della sola difesa chimica, determina una progressiva riduzione degli interventi che avranno lo scopo di riportare la coltivazione in uno stato di equilibrio; per fare questo però sono necessarie delle conoscenze di base ma soprattutto un costante impegno in campo per monitorare lo stato di salute della coltura.

Rispetto ad una difesa chimica “a calendario”, la difesa integrata, utilizza degli interventi in base ad un attento calcolo dei costi, realizzando in questo modo un vantaggio economico nel lungo periodo, determinato sia da un minor numero di interventi, che, molto spesso, da un minor costo degli stessi. A differenza di una difesa esclusivamente chimica, si dovrà valutare anche le possibilità di utilizzare metodi che abbiano minori effetti indesiderati, in modo particolare quelli relativi alle specie ed alle superfici non bersaglio dell’intervento, inclusi gli insetti antagonisti delle specie dannose, gli impollinatori e la complessa micro/macro fauna del terreno; a tal proposito è preferibile utilizzare metodi di controllo agronomici, biologici, ecc., così da ridurre i rischi legati all’uso di prodotti fitosanitari. Per questo motivo utilizzando la difesa integrata, sono necessarie, tra l’altro, un’approfondita conoscenza delle malattie delle colture coltivate, ed una costante presenza in campo per monitorare lo stato di salute delle coltivazioni in atto, questo per poter intervenire in modo mirato e puntuale.


Scorcio di campo di grano coltivato con difesa integrata


Applicazioni e scopi

I principali accorgimenti di difesa possono essere così riassunti:

  • uso di fitofarmaci poco o per niente tossici per l'uomo e per gli insetti utili;
  • lotta agli insetti dannosi tramite la confusione sessuale (uso di diffusori di feromoni);
  • fitofarmaci selettivi (che vanno a colpire solo alcuni insetti – quelli dannosi per la coltura in campo);
  • fitofarmaci che possono essere facilmente denaturati dall'azione biochimica del terreno e dall'aria;
  • lotta agli insetti dannosi tramite tecniche di autocidio, come per esempio la tecnica dell'insetto sterile (SIT);
  • analisi e previsioni del verificarsi delle condizioni utili allo sviluppo dei parassiti, in modo da irrorare con fitofarmaci specifici solo in caso di effettivo pericolo di infezione e non ad intervalli fissi a scopo preventivo (modello difesa chimica);
  • lotta agli insetti dannosi tramite l'inserimento di altri che siano loro predatori naturali e che non siano dannosi alle coltivazioni (lotta biologica);
  • uso di varietà colturali maggiormente resistenti e certificate;
  • metodi agronomici quali le rotazioni colturali;
  • eliminazione di piante infette.

La difesa integrata è quindi una strategia di protezione delle colture che unisce l’efficacia con la convenienza, il rispetto dell’ambiente con la qualità del prodotto, ed è attuabile anche su larga scala.

Lo scopo principale della lotta integrata è quello di sfruttare i fattori biotici e abiotici di regolazione interna agli ecosistemi, così da avere un vantaggio e utilizzare tutti gli strumenti possibili non limitandosi solo ai mezzi chimici, ma sfruttando anche elementi biologici, culturali e biotecnologici. Questo approccio è prevalentemente usato nella lotta contro gli insetti, ma si può estendere nella lotta contro tutti gli organismi dannosi quali per esempio i funghi e i roditori. L’obiettivo principale è quello di mantenere l'organismo dannoso entro una soglia limite oltre al quale l'organismo stesso crea un danno, cercando di contenerlo il più possibile. Nella difesa integrata non si è quindi semplici spettatori ed esecutori di interventi prestabiliti, ma si diventa protagonisti attivi sia a livello decisionale che operativo, con effetti positivi sia sull’ambiente nel suo complesso e sia sulla salute umana, ma soprattutto sulla qualità dei prodotti agricoli che vengono poi consumati e commercializzati; è pertanto fondamentale che tale metodologia venga applicata con una assistenza tecnica qualificata per poter ottenere migliori risultati possibili sia in termini di produttività che di economicità.




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