domenica 14 novembre 2021

Agricoltura e innovazione: internet delle cose (IoT)

Negli ultimi anni compreso lo scorso 2020, nonostante l’emergenza pandemica che ha travolto il paese, le tecnologie digitali hanno avuto una forte diffusione anche nel settore agricolo. L’Agricoltura 4.0 sta entrando sempre più diffusamente nella gestione delle aziende agricole lungo tutto la filiera attraverso varie modalità fra cui l’Internet of Things (IoT), l’ottimizzazione dei Big Data, l’Intelligenza Artificiale e la robotica, nel tentativo di efficientare sempre di più le varie attività che partono dalla produzione fino ad arrivare alla commercializzazione. 

IOT - Internet of Things

Internet delle cose (IdC o IoT, acronimo dell'inglese Internet of things), nelle telecomunicazioni è un neologismo riferito all'estensione di Internet al mondo degli oggetti e dei luoghi concreti. Introdotto da Kevin Ashton, cofondatore e direttore esecutivo di Auto-ID Center (consorzio di ricerca con sede al MIT), durante una presentazione presso Procter & Gamble nel 1999, il concetto fu in seguito sviluppato dall'agenzia di ricerca Gartner. (Wikipedia)

In sostanza IOT rappresenta una possibile evoluzione nell'utilizzo della rete internet: gli oggetti (le "cose") si rendono riconoscibili e acquisiscono intelligenza grazie al fatto di poter comunicare dati su sé stessi e accedere ad informazioni aggregate da parte di altri; in teoria tutti gli oggetti possono acquisire un ruolo attivo grazie al collegamento web.

Il suffisso "cosa /oggetto" si riferisce a categorie quali i dispositivi, le apparecchiature, gli impianti e sistemi, i materiali e le macchine, oggetti che connessi alla base dell’Internet delle cose vengono definiti smart objects (oggetti intelligenti) e si contraddistinguono per alcune proprietà o funzionalità che sono: l’identificazione, la connessione, la localizzazione e la capacità di elaborare dati e di interagire con l’ambiente esterno. 

L'obiettivo dell'IoT è fare in modo che il mondo elettronico tracci una mappa di quello reale, dando così un'identità elettronica alle cose e ai luoghi dell'ambiente fisico, per esempio gli oggetti e i luoghi in cui saranno presenti le etichette Identificazione a radio frequenza (Rfid) o Codici QR, comunicheranno informazioni in rete agli smartphone e a tutti i dispositivi elettronici in grado di “leggere” queste indicazioni.

I campi di applicabilità sono molteplici, si va dalle applicazioni industriali (processi produttivi), alla logistica, all'infomobilità fino ad arrivare al settore primario: l'agricoltura.




IOT in agricoltura

Per quanto riguarda l’agricoltura, al momento la tecnologia IoT è in una fase di crescita importante, perché consentirà alle aziende di procedere verso un cambio tecnologico e di mentalità fondamentale per il futuro delle stesse aziende. Esempi positivi nell’utilizzo di queste tecniche sono la gestione dei campi e degli allevamenti, dove attraverso sensori IoT si può collegare costantemente ed in modo continuo i vari processi sia per la gestione del bestiame che per la conduzione dei campi.

Negli allevamenti questi sistemi consentono di avere un monitoraggio preciso sulla distribuzione del mangime per gli animali e la produzione di latte, in modo da poter identificare con precisione e accuratezza, possibili cambiamenti in termini di salute, performances e status riproduttivo.

A livello di campo, molte aziende a conduzione seminativo, utilizzano IoT per la gestione dei fertilizzanti e sistemi di irrigazioni attraverso dei sensori, i quali forniscono una serie di dati utili sulle colture, consentendo un’analisi precisa e immediata della situazione, facendo risparmiare tempo e denaro sul lungo periodo. Capitolo molto importante è la sicurezza in fase di stoccaggio, perché silos e ascensori a grani, talvolta possono essere luoghi pericolosi con nastri trasportatori che si potrebbero bloccare, così come rischiare di incendiarsi, in questi casi l’utilizzo di sensori IoT per tenere traccia di potenziali pericoli, sarà fondamentale nella prevenzione attraverso varie modalità di allarme.

Considerando il crescente interesse dell’opinione pubblica nella salvaguardia della qualità dell’agroecosistema, per mantenere e rafforzare un legame tra le peculiarità di un alimento e il luogo dove esso viene prodotto, è possibile tramite innovativi sensori presenti sul terreno in coltivazione, rilevare parametri fisici di aria, acqua e suolo, in modo tale da valutare la qualità dell’ecosistema di produzione e quella dei prodotti da esso derivati, per esempio in termini di minor contenuto di agenti contaminanti. Attraverso l’utilizzo di questi protocolli, sarà possibile certificare la qualità ambientale su diversa scala: aziendale o parcellare, facendo seguire procedure di analisi sul microclima in grado di identificare potenziali condizioni di criticità ambientale, così da consentire la rintracciabilità geografica di materie prime e prodotti, monitorando e gestendo allo stesso tempo possibili emergenze.



I principali ostacoli

Le principali difficoltà nell’utilizzo dell’IoT in agricoltura sono sostanzialmente legate al costo dei sensori, a problemi infrastrutturali di reti non ancora così avanzate da consentire un collegamento tra le parti rapido e funzionale, una cultura tecnologica degli agricoltori non ancora diffusa dovuta per lo più ad una diffidenza nel cambio di abitudini. 

Per far sì che l’internet delle cose come già per altri settori possa diventare uno strumento a valore aggiunto per le aziende agricole, sarà necessario un abbassamento dei costi dei sensori cercando allo stesso tempo di fornire un supporto agli imprenditori agricoli che sia in grado di sostenerli in quel salto tecnologico sempre più necessario.



giovedì 14 ottobre 2021

Agricoltura sostenibile e innovazione

La sostenibilità è la caratteristica di un processo o di uno stato che può essere mantenuto a un certo livello indefinitamente. In ambito ambientale, economico e sociale, essa è il processo di cambiamento nel quale lo sfruttamento delle risorse, il piano degli investimenti, l'orientamento dello sviluppo tecnologico e le modifiche istituzionali sono tutti in sintonia e valorizzano il potenziale attuale e futuro al fine di far fronte ai bisogni e alle aspirazioni dell’uomo. Il principio guida della sostenibilità è lo sviluppo sostenibile, che riguarda, in modo interconnesso, l'ambito ambientale, quello economico e quello sociale. Per sviluppo sostenibile si intende lo sviluppo volto a soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere la capacitàà delle generazioni future di far fronte ai propri bisogni. Il termine sviluppo sostenibile è stato introdotto per la prima volta dal Rapporto Bundtland della Commissione Mondiale per l'Ambiente e lo Sviluppo (1987). (Wikipedia)


Agricoltura sostenibile

Agricoltura sostenibile significa coltivare con modalità che soddisfino le attuali esigenze alimentari della società, senza però compromettere la capacità produttiva e le esigenze delle generazioni attuali e future. Ciò è molto importante perché quando le coltivazioni e gli allevamenti si estendono all'interno di sistemi alimentari sostenibili, sono in grado di sviluppare protocolli aziendali e pratiche agricole flessibili.

L'agricoltura industriale ha un'enorme impronta ambientale, soprattutto nei processi legati ai cambiamenti climatici, la scarsità d'acqua, il degrado del suolo, la deforestazione e altre attività che, allo stesso tempo, possono causare contemporaneamente cambiamenti ambientali e subire l'impatto di questi mutamenti. Ad esempio, uno dei metodi migliori per limitare il cambiamento climatico è creare sistemi alimentari sostenibili basati su un'agricoltura ragionevole in grado di essere una potenziale soluzione che consenta di coniugare la produzione in un contesto di mutevoli condizioni ambientali. 

Secondo l'Intergovernmental Panel on Climate Change, un quarto circa della superficie terrestre priva di ghiaccio è soggetta al degrado indotto dall'uomo. Il deterioramento del suolo sta diventando un grave problema globale, secondo questo studio si stima che attualmente l'erosione del terreno dai campi agricoli legati ad una lavorazione convenzionale, abbia un impatto importante relativamente al tasso di formazione del suolo; questo perché l'agricoltura intensiva riducendo il livello di carbonio presente nel terreno, ne compromette  la struttura fisica, impattando di conseguenza sulla crescita delle colture e il funzionamento dell'ecosistema, accelerando così il cambiamento climatico. 

Tecniche atte ad una migliore gestione del terreno, includono l'agricoltura senza aratura, la progettazione di protezioni frangivento per ridurre l'erosione del vento e una prevenzione del deflusso dell'acqua. Più in generale possiamo parlare di agricoltura conservativa o blu, che comprende metodi agronomici in cui sono raggruppate diverse tecniche agricole tendenti a conservare per il futuro la fertilità del suolo coltivato. I principali metodi dell’agricoltura conservativa prevedono la copertura permanente del suolo, la minima lavorazione meccanica e avvicendamenti colturali che consentono di ridurre le emissioni di CO2 in atmosfera, migliorare la conservazione del terreno, dell’acqua e dell’energia.

Le pratiche utilizzate in agricoltura blu, rappresentano innovazioni agronomiche in grado di ridurre le perdite di sostanza organica e a favorire la porosità nei suoli argillosi e la capacità di ritenzione idrica in quelli sciolti; queste tecniche favoriscono anche una maggiore disponibilità di acqua prontamente utilizzabile per le piante nei periodi di maggior siccità. Con queste pratiche di agricoltura sostenibile, gli avvicendamenti colturali saranno più equilibrati ed in grado di favorire la biodiversità dell’agroecosistema, in quanto a ciascuna coltura saranno associate popolazioni microbiche differenti.



Impatto della tecnologia sull’agricoltura sostenibile

Un ruolo importantissimo verso la sostenibilità è svolto sempre di più dall’innovazione tecnologica attraverso l’agricoltura smart che consiste nellapplicare al settore le maggiori innovazioni tecnologiche quali: la digitalizzazione, la geolocalizzazione, le connessioni web e l’Internet of Things (IoT). Risorse utilizzate in modo particolare nellagricoltura di precisione in grado di calibrare tecniche e sostanze da impiegare in funzione delle caratteristiche dei singoli appezzamenti (specificatamente in terreni/particelle), delle risorse idriche a disposizione, delle colture e problematiche ambientali, nonché al monitoraggio in tempo reale delle condizioni meteorologiche e all’efficientamento della produzione eliminando quasi del tutto gli sprechi e i relativi impatti ambientali.

Le tecnologie digitali offrono diverse opportunità in grado di aiutare gli agricoltori a fornire alimenti sicuri, sostenibili e di qualità, cercando quel giusto compromesso di produrre di più ottimizzando le risorse disponibili, contribuendo allo stesso tempo ad una migliore gestione ambientale, nel tentativo di preservare il territorio attraverso una  conduzione oculata delle risorse; inoltre, le nuove tecnologie, come per esempio lintelligenza artificiale, la robotica e la gestione dei Big Data, oltre a contribuire ad un efficientamento dei processi, possono portare alla creazione di nuovi prodotti, servizi e di conseguenza posti di lavoro. 


Agr.Dott. Mauro Bertuzzi



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martedì 14 settembre 2021

Novel food

I novel food sono alimenti o ingredienti "nuovi" rispetto a quelli tradizionalmente intesi. Questo concetto è stato introdotto per differenziarli dai prodotti consumati in modo significativo prima del Regolamento CE 258 del 1997. Tali alimenti, quindi, non sono nuovi per i consumatori, infatti tale diversificazione è stata operata allo scopo di fornire una maggiore protezione ai cittadini europei. (Wikipedia)

La legislazione

Dal 1° gennaio 2018, il Regolamento (UE) 2015/2283 sui nuovi alimenti (novel food), è entrato in vigore abrogando il precedente Regolamento (CE) 258/97.

Nel nuovo regolamento, come peraltro già previsto nel precedente, per novel food si intendono tutti quei prodotti e sostanze alimentari privi di storia di consumo importante” al 15 maggio 1997 all’interno dell’Unione Europea, e che, quindi, devono comunque sottostare ad un'autorizzazione per valutarne la loro sicurezza, prima della loro immissione in commercio.

Una delle novità di questa nuova regolamentazione è la centralizzazione della richiesta di autorizzazione che deve essere presentata direttamente alla Commissione europea attraverso un sistema online, anziché ad uno degli Stati membri come avveniva precedentemente. La domanda dovrà essere preparata in conformità alle linee guida pubblicate dallautorità per la sicurezza alimentare EFSA (European Food Safety Authority) e dovrà contenere tutti i dati scientifici a supporto della sicurezza della dell’alimento oggetto della richiesta autorizzativa.

Laccertamento sulla sicurezza del “nuovo cibo”, verrà fatto direttamente dallEFSA, la cui Commissione rilascerà lautorizzazione attraverso linserimento del novel food autorizzato” nellelenco dellUnione (Union list) insieme a tutte le specifiche previste, inclusi gli eventuali ingredienti in cui può essere contenuto nella preparazione alimentare specificando le dosi e le altre caratteristiche. Il regolamento verrà applicato anche agli alimenti non ancora commercializzati in UE ma già in commercio al di fuori dellUnione Europea. Nel caso in cui un alimento derivato dalla produzione primaria avesse fatto registrare una storia sicura e comprovata di consumo in un paese extra UE, con il nuovo regolamento è prevista una procedura agevolata per limmissione sul mercato dellUnione di alimenti tradizionali da Paesi terzi”; anche in questo caso la domanda dovrà essere redatta secondo le linee guida specifiche alla Commissione dellEFSA, corredata dai dati sulla sicurezza duso nel paese di provenienza. Nota importante è che con le nuove norme sono esclusi dal campo di applicazione gli aromi, gli additivi e i solventi di estrazione, già disciplinati da specifiche regolamentazioni.

Un'ulteriore novità introdotta dallart.4 del Regolamento 2015/2283, riguarda la procedura di determinazione dello status di nuovo alimento, le cui modalità di esecuzione sono state esplicitate dal Regolamento (UE) 2018/456. Attraverso questa normativa gli operatori del settore alimentare potranno verificare se l'alimento che intenderanno commercializzare sul mercato dell'Unione Europea è un novel food, inviando una richiesta ad uno degli Stati Membri secondo quanto definito dal detto regolamento (2018/456), fornendo nel contempo tutte le informazioni richieste.

Per informazioni dettagliate sulla normativa completa è possibile consultare la pagina Novel food (https://ec.europa.eu/food/safety/novel_food_en) sul sito della Commissione europea).




I trend

Secondo uno studio dell’IPIFF (International Platform of Insects for Food and Feed) in Europa si producono già più di 6 mila tonnellate/anno di proteine di insetti, le cui previsioni sono quelle di arrivare tra 2 e 5 milioni di tonnellate entro il 2030, a seconda del quadro legislativo che si avrà nei prossimi anni. A livello mondiale invece, il mercato degli insetti ha già superato i 55 milioni di dollari nel 2017; secondo alcune stime di Global Market Insights, ci saranno aumenti esponenziali e si prevede che supereranno i 700 milioni di dollari nel prossimo triennio. In Italia invece, secondo un recente sondaggio della Coldiretti, il 54% degli italiani considera ancora gli insetti estranei alla cultura alimentare nazionale.




Alimenti e cucina

Fra i vari cibi che possiamo trovare in giro per il mondo ci sono le larve di farina gialla utilizzate come snack o ingrediente di altri alimenti, pasta alluovo artigianale ai grilli, millepiedi cinesi arrostiti al forno per renderli croccanti e poi affumicarli, tarantole arrostite senza conservanti né coloranti prodotte a Laos (Asia), oppure anche vermi giganti arrostiti (in Thailandia). L’Asia è il continente dove si possono trovare più “varietà” di novel food, si passa infatti dagli scorpioni dorati dalla Cina a quelli neri dalla Thailandia, fino ad arrivare agli scarabei consumati come aperitivo in spiedini. Fra queste nazioni la scelta più vasta a livello di cucina per questa tipologia di alimenti, è indubbiamente della Thailandia, dove si possono consumare piatti con una vasta scelta di grilli, da quelli al curry e cocco a quelli piccanti al gusto barbecue, fino ad arrivare a quelli al peperoncino dolce.

A  livello europeo i più diffusi sono i vermi di farina aromatizzati alla paprica, al curry e al sale marino (prodotti in Belgio) consumati come apericena, oppure i bachi da seta utilizzati come dessert con vodka.

In Italia avendo una cultura culinaria decisamente più tradizionale, siamo ancora agli inizi rispetto a queste tematiche, anche se diverse start up in questo campo si stanno facendo strada, per esempio in Piemonte possiamo trovare la prima fattoria nazionale d’insetti (https://www.agrifoodtoday.it/notizie/piemonte-allevamento-grilli.html), così come anche in Veneto si possono già vedere diversi allevamenti con integrato e-commerce (http://www.insetticommestibili.it/).

Anche a livello scolastico si sta iniziando a studiare queste nuove forme di allevamento, è il caso dell’Istituto agrario di Treviglio (https://www.larassegna.it/insetti-commestibili-il-dado-e-tratto/) che ha allestito all’interno di un laboratorio un allevamento con alcuni esemplari di grillo.

Vedremo se in futuro anche in un paese com l’Italia legato ad una cucina del territorio basata su ingredienti più tradizionali, nasceranno nuove ricette basate su novel food, in grado di stuzzicare il gusto dei consumatori.



domenica 15 agosto 2021

Il pesce azzurro

Solitamente vengono definiti pesci azzurri alcune specie di animali acquatici caratterizzati da colorazione dorsale tendente spesso al blu, in qualche caso verde e da colorazione ventrale argentea.

La denominazione di "pesce azzurro" non si riferisce ad un gruppo scientificamente definito di specie ittiche, ma viene utilizzata commercialmente per indicare alcune varietà di pesci, generalmente di piccola pezzatura, di varia forma e sfumature di colorazione, il cui costo è solitamente ridotto per la grande quantità di pescato.

Biologicamente parlando il pesce azzurro appartiene a specie a vita pelagica, con carni grasse e spesso ricche di oli.

Le varietà di pesce azzurro più importanti e presenti sul mercato sono:

  • sardina (Sardina pilchardus),
  • aringa (Clupea harengus),
  • alice o acciuga (Engraulis encrasicholus),
  • sgombro (Scomber scombrus),
  • aguglia (Belone belone),
  • spratto o papalina (Sprattus sprattus),
  • alaccia (Sardinella aurita),
  • lanzardo (Scomber colias),
  • costardella (Scomberesox saurus)
  • suro (o sugarello) (Trachurus trachurus)
  • pesce ciabola o spatola (Lepidopus caudatus)

Nelle coste atlantiche americane, vive un pesce chiamato azzurro per via del suo colorito turchino; questo esemplare, che nulla ha da spartire con la categoria, è noto per essere un vorace divoratore. 



Qualità nutrizionali

I pesci azzurri sul mercato italico sono reperibili a prezzi contenuti, inoltre le specie che popolano i mari italiani hanno carni che possiedono qualità organolettiche e salutistiche molto importanti. Il contenuto proteico è buono ed i grassi, oltre ad insaporire le carni, sono qualitativamente eccezionali. Nella categoria del pesce azzurro rientrano alcuni dei pesci più ricchi in assoluto di omega-tre; questi grassi, essenziali per il nostro organismo, oltre ad essere molto digeribili, proteggono cuore, vasi e cervello prevenendo malattie come l'Alzheimer, l'aterosclerosi e l'infarto.

I piatti preparati con queste specie sono spesso considerati "cucina povera", ma il pesce azzurro è molto apprezzato in cucina proprio per le qualità nutrizionali delle sue carni, ed anche per questo motivo il consumo di questo alimento viene spesso consigliato nelle diete nelle quali sono da evitare i grassi saturi, presenti in altre specie animali. Essendo, inoltre, un alimento ricco di calcio (350 mg di calcio per 100 g di alimento) è consigliato per combattere i processi di decalcificazione ossea. 

Queste specie ittiche sono anche ricche di minerali come il calcio, il fosforo, lo iodio ed il selenio; discreto anche il contenuto vitaminico ed in particolare di niacina, vit. B12, vit. D e vit. E.

Gli esperti raccomandano di mangiare pesce azzurro almeno due volte alla settimana in modo da soddisfare il fabbisogno minimo di grassi essenziali. 



Il mercato in Italia

In Italia il mercato del pesce azzurro si è sviluppato principalmente nei mercati ittici dell’Adriatico, infatti la commercializzazione di questo prodotto nelle Marche e nell’Emilia Romana è di circa 500 quintali, con un fatturato quotidiano di circa 250.000 euro e annuale di 40 milioni di euro.

Cifre importanti considerando il costo all’ingrosso del pesce azzurro nei mercati ittici di riferimento, circa 4 euro al chilo.*


Tutela del pescato

Molte delle specie di pescato, sono ormai a rischio, per esempio la popolazione delle acciughe nel Canale di Sicilia è ormai al limite del collasso, infatti secondo alcuni studi del 2012 della Commissione generale della pesca nel Mediterraneo (Cgpm) della Fao, negli ultimi tre anni in media si sono pescate circa 5.160 tonnellate di acciughe, quasi il doppio del massimo sostenibile (2.359 tonnellate). Lo stesso vale anche per le popolazioni di sardine, che risultano ormai essere in una situazione di stress degli stock. 

La principale minaccia della stabilità delle riserve di pesce azzurro soprattutto nel Canale di Sicilia, è la pesca delle "volanti a coppia", ovvero la "pesca sperimentale" con reti a strascico semi pelagiche; modalità di pesca illegale denunciata anche dalle principali organizzazioni ambientaliste.

Le acque del canale di Sicilia sono sempre state pescose grazie soprattutto alle correnti dello "Stretto" che incontrano i bassifondi del Banco Avventura, tra la Sicilia e Tunisia, creando quei vortici che portano in superficie le acque di profondità; queste acque sono ricche di nutrienti e assieme alla luce del sole innescano la crescita del fitoplancton, cibo adatto per acciughe e sardine. Attualmente però, la scenario non è dei miglior, come viene indicato nelle conclusioni del Cgpm: «dato che lo stock è in questo momento sovra sfruttato, lo sforzo di pesca deve essere ridotto tramite un piano di gestione pluriennale fino a quando non ci saranno le prove di un recupero dello stock. Devono essere definite notevoli riduzioni delle catture assieme a riduzioni dello sforzo di pesca...».

In conseguenza a questa situazione, le principali organizzazioni ambientaliste, hanno elaborato un rapporto che analizza il problema e chiede con urgenza un piano di gestione capace di ridurre lo sforzo di pesca e le catture per scongiurare la perdita di una risorsa vitale per le comunità costiere siciliane come il pesce azzurro.

Per il futuro, si deve arrivare ad un piano sostenibile che a tutti dovrà richiedere misura e responsabilità, per esempio vietando di pescare pesce azzurro in inverno con le volanti o con qualunque altro sistema quando le catture sono spesso sotto taglia, oppure come richiesto anche dal Cgpm, applicare un piano di rinnovo delle "licenze di pesca sperimentale" ogni sei mesi invece che decennale come in passato.

Or al neo ministro delle Politiche agricole spetterà il compito di difendere i pesci e i pescatori che svolgono il loro lavoro onestamente e salvaguardare nel contempo la sostenibilità del comparto.


fonte comune di Pesaro: www.comune.pesaro.ps.it/asp/schede/allegati/5617/dati.pdf 

martedì 13 luglio 2021

Alimenti refrigerati e qualità

Le principali caratteristiche degli alimenti refrigerati sono sicuramente la sicurezza igienico-sanitaria e l’elevata qualità nutrizionale e sensoriale, nonché la comodità d’uso. Tali caratteristiche però devono poter essere mantenute durante tutte le fasi della filiera, che vanno dalla produzione, alla distribuzione fino alla commercializzazione. 

Fondamentalmente due sono i principi alla base del controllo qualità e sicurezza degli alimenti refrigerati: i fattori PPP (product- process-package, ovvero prodotto-processo-confezionamento) e TTT (time-temperature tolerance, ovvero intervallo tempo- temperatura).




I fattori PPP devono poter essere considerati sin dalle prime fasi della produzione, in quanto risultano essere indispensabili per ottenere un prodotto di qualità. Infatti lo sviluppo di un processo di trasformazione deve tener conto della qualità delle materie prime e degli ingredienti, delle tecnologie utilizzate e delle eventuali interazioni tra ingredienti e/o componenti della formulazione alimentare. In generale si può dire che il processo tecnologico non può migliorare la qualità di un prodotto ottenuto da materie prime scadenti, pertanto, alimenti refrigerati di elevata qualità possono essere ottenuti soltanto a partire da materie prime e ingredienti di elevata qualità. 

I fattori PPP vengono così suddivisi: 

Prodotto 

– Qualità delle materie prime e degli ingredienti (inclusi gli additivi alimentari di possibile utilizzo).
– Idoneità degli ingredienti utilizzati.
– Formulazione e compatibilità dei componenti che costituiscono il prodotto finito. 

Processo 

– Velocità ed efficienza di tutte le operazioni di raffreddamento una volta preparato il prodotto.
– Utilizzo di processi tecnologici addizionali, per esempio la scottatura e/o la pastorizzazione. 

Confezionamento 

– Confezionamento con processi classici.
– Confezionamento innovativo, ad esempio in atmosfera protetta. Fondamentale risulta essere l’approccio tecnologico che generalmente viene applicato nella produzione degli alimenti refrigerati, rappresentato generalmente dalla “teoria degli ostacoli” (hurdle technology), in base alla quale lo sviluppo microbico può essere rallentato dalla simultanea adozione di diversi interventi tecnologici, i cui effetti si sommano l’un l’altro. Gli ostacoli più noti possono essere suddivisi in fisici, chimico-fisici e microbiologici. 

Gli ostacoli fisici: 

– Utilizzo di alte temperature (esempio la pastorizzazione, la sterilizzazione, ecc.).
– Utilizzo di basse temperature (esempio la refrigerazione, il congelamento, ecc.). 
–Tipologia di confezionamento (esempio sotto vuoto, in asettico, in atmosfera protettiva). 

Gli ostacoli chimico fisici: 

– La presenza di bassi o intermedi valori di attività dell’acqua (possibile ottenerli mediante aggiunta di sostanze umettanti).
– La presenza di bassi valori di pH (possibile ottenerli mediante aggiunta di acidificanti o processi fermentativi). 
– La presenza d’inibitori e/o competitori (per esempio SO2, fumo, etanolo, ecc.). 

Gli ostacoli di natura microbiologica: 

– La presenza di flora competitiva. – La presenza di starter microbici. – La presenza di batteriocine. 


I principali fattori determinanti per la shelf-life dei prodotti
I fattori TTT sono molto importanti anche per la temperatura di conservazione della shelf life del prodotto, è noto infatti che a seconda della tipologia di alimenti, i meccanismi che governano la velocità di decadimento della qualità di un prodotto alimentare sono diversi, pertanto, le relazioni TTT sono in grado di predire gli effetti di fluttuazioni di temperatura sulla qualità e dunque sulla vita del prodotto alimentare. 
Non è infrequente che, nel caso degli alimenti refrigerati, si possa incorrere in abusi e/o errori di temperatura, che poi possono sviluppare un potenziale rischio di crescita di microrganismi molto dannosi, quali ad esempio Listeria, Yersinia e Aeromonas

Il controllo e il monitoraggio continuo della temperatura, sono dunque fattori indispensabili al fine di garantire la sicurezza e la qualità di questo genere di alimenti. 

In particolare, i fattori da considerare per tenere sotto controllo la temperatura degli alimenti refrigerati lungo tutta la filiera sono essenzialmente:
1. Verifica durante tutta la produzione e conservazione, considerando anche che la temperatura del prodotto è un CCP nel piano HACCP. 
2. Appropriate temperature di refrigerazione in tutta la catena della distribuzione, nonché il monitoraggio e la registrazione della temperatura del prodotto e dell’ambiente nel quale si trova. Gli strumenti di misurazione della temperatura sono rappresentati da acquisitori di dati, che possono anche portatili oppure l’impiego di indicatori tempo-temperatura (non molto diffusi). 

3. Monitoraggio durante l’esposizione degli alimenti refrigerati nei banconi refrigerati dei punti vendita. Prestare attenzione a non introdurre prodotti caldi all’interno dei banconi refrigerati, in quanto questa operazione può causare un aumento della temperatura: i banconi, infatti, non sono stati progettati per raffreddare gli alimenti ma solo per mantenerli ad una prefissata temperatura. 

4. Errata sistemazione dei prodotti nei banconi (ad esempio, accatastamento) e una insufficiente manutenzione degli impianti di refrigerazione possono essere causa di un innalzamento della temperatura. 

5. Presenza di ghiaccio sulle serpentine di raffreddamento del bancone refrigerato indica la necessità di sbrinarlo e di re-impostare correttamente i termostati.
6. Cambiamenti del flusso di aria fredda all’interno del bancone refrigerato possono causare un aumento di temperatura causando danni notevoli alla shelf-life del prodotto. 

lunedì 14 giugno 2021

La flora spontanea

La flora spontanea, costituita da malerbe, erbacce e infestanti che crescono spontaneamente nelle coltivazioni, viene da sempre considerata in modo negativo dagli orticoltori, tuttavia, se ben gestita e conosciuta, nella conduzione dell’orto circolare e non solo, può essere vista come una risorsa e non come uno svantaggio.



Le malerbe possono svilupparsi eccessivamente e senza controllo, andando così a competere con le colture dell’orto per l’acqua, i nutrienti e la luce, mettendo in questo modo in difficoltà le piante e la loro crescita, per questo motivo la flora spontanea andrà sicuramente contenuta. Se invece, le proprietà di queste erbe fossero meglio conosciute così come le loro funzioni, alcune di esse potrebbero essere rivalutate in quanto importanti per:

  1. il nutrimento e l’ospitalità di molti insetti utili anche impollinatori; 
  2. In quanto nemici naturali di alcuni parassiti di piante.
  3. Essere sentinelle in grado di individuare presenze pericolose per le coltivazioni.

Un’altra importante peculiarità nel riconoscimento delle malerbe è la possibilità di studiare le caratteristiche del terreno: alcune varietà, infatti, sono in grado di indicare se il suolo ha una buona dotazione di principi nutritivi, altre invece, se ha buona struttura, altre ancora se vi è un forte compattamento.

Partendo dalla condizione che per la natura un terreno “nudo” non è una condizione normale, dovremmo ragionare sul fatto che per tale motivo qualora vi fossero degli spazi incolti, questi verrebbero coperti da una vegetazione naturale così da proteggere quella parte di suolo dall’erosione, dalla formazione di crosta e dalle forti radiazioni solari che influirebbero negativamente sugli organismi terricoli. Per questo motivo la vegetazione protettiva si svilupperà dapprima con piante cosiddette  “pioniere”, cioè forti e con uno sviluppo rapido, le quali dapprima miglioreranno le caratteristiche del suolo e lo renderanno ospitale per le diverse specie che poi a loro volta lo faranno con altre per raggiungere con gli anni un equilibrio adatto a quel tipo di suolo; in questo modo le malerbe presenti nella maggior parte degli orti saranno così competitive, in quanto piante rustiche, forti e vigorose anche senza essere coltivate.

Quando andremo a coltivare il nostro orto circolare in qualche modo forzeremo il ciclo naturale imponendo lo sviluppo di una o poche specie, per questo motivo sarà fondamentale gestire la flora spontanea e la sua biodiversità contenendola con una buona pacciamatura.


Agr.Dott. Mauro Bertuzzi



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giovedì 13 maggio 2021

La tracciabilità e rintracciabilità nel pesce

I termini tracciabilità e rintracciabilità o anche chiamati internazionalmente tracking per la tracciabilità e tracing per la rintracciabilità, spesso vengono utilizzati come sinonimi per identificare due processi ben precisi, che in realtà identificano due metodi speculari fra loro.
La tracciabilità/tracking è il processo che segue il prodotto da monte a valle della filiera (dall’inizio alla fine) in modo che, in ogni fase del processo, vengano lasciate opportune tracce chiamate: informazioni.
La rintracciabilità/tracing è il processo inverso della filiera (dalla fine all’inizio), ossia un metodo in grado di raccogliere le informazioni precedentemente rilasciate.
Nel primo caso, l’obiettivo di “tracciare” le informazioni è quello di stabilire quali agenti e quali elementi debbano “lasciare traccia” lungo tutto il processo; nel secondo caso invece, si tratta principalmente di evidenziare lo strumento tecnico utile a rintracciare queste “tracce”.




La tracciabilità

La tracciabilità si può suddividere in tracciabiltà interna che ha come riferimento lo stabilimento di produzione, oppure tracciabiltà esterna che ha invece relazione lungo tutta la filiera.
Nella tracciabilità interna, il prodotto viene segnato esclusivamente nelle fasi di produzione gestite da un singolo operatore, di conseguenza non richiede che vengano create reti per garantire un flusso di informazioni fra diversi soggetti. Gli scopi per i quali un’azienda decide di adottare un sistema di tracciabilità interna sono prevalentemente quelli di ottimizzare i processi produttivi, attivare sistemi di gestione della qualità e di certificazione, garantire trasparenza per avviare opportune azioni di marketing.

Nella tracciabilità esterna o di filiera invece, ad essere tracciato è il prodotto lungo tutte le sue fasi, che siano esse tecnologiche, logistiche o di produzione. In questo caso quindi, è necessario avere un sistema che permetta ad operatori differenti, di scambiarsi i flussi di informazioni inerenti il prodotto trattato.

Nell’ittico la tracciabilità di filiera, è uno strumento ormai indispensabile per ottimizzare tutta la supply chain e qualificare il prodotto, visto che, sono ormai coinvolti una molteplicità di soggetti: produttori, distributori, logistiche, grossisti, gdo e dettaglianti fino al consumatore finale.

Negli ultimi anni l’esigenza di tracciare tutte le informazioni nel processo ittico, oltre che per i motivi sopra indicati, nasce da iniziative di oggetti aggreganti lungo la filiera produttiva, quali per esempio le associazioni di categoria o di prodotto oppure i consorzi di tutela.


La rintracciabilità

La rintracciabilità costituisce uno strumento insostituibile per consolidare le relazioni di fiducia tra produttore e consumatore in quanto permette a quest’ultimo di conoscere l’effettiva provenienza del pescato, che altrimenti non sarebbe in grado di determinare. Inoltre, la definizione degli attori che compongono la filiera e l’individuazione di tutti i passaggi che il prodotto compie prima di giungere al consumatore sono utili per l’attivazione di procedure di gestione e controllo della qualità.

Per implementare un sistema di rintracciabilità di filiera che funzioni, dovrebbero essere organizzati degli incontri preliminari, con i diversi attori della filiera: produttori,

commercianti, trasformatori, ristoratori, ecc., utili per stabilire le modalità di implementazione del sistema e i requisiti che è necessario rispettare per ogni “attore” coinvolto.
L’allestimento di un sistema di rintracciabilità principalmente si compone prima di tutto di una parte organizzativa e gestionale, poi di una piattaforma informatica a supporto del sistema stesso, composta da specifici hardware e software.

La definizione dell’organizzazione del sistema prende avvio dall’individuazione degli operatori coinvolti nel sistema stesso e prosegue poi con la definizione delle relative singole responsabilità.
Successivamente per ognuna delle filiere coinvolte dal progetto, dev’essere predisposto un manuale di rintracciabilità, ossia un documento che vada a regolamentare i rapporti tra le aziende che fanno parte della filiera e stabilisca inequivocabilmente modi e responsabilità.

Il manuale è imprescindibile ai fini della certificazione del sistema: rappresenta l’impegno con cui l’Ente – parte terza indipendente – deve utilizzare quale riferimento nelle verifiche ispettive sul campo, per l’effettiva applicazione del sistema di rintracciabilità in conformità alla norma UNI 10939:2001.

A supporto del sistema di rintracciabilità, ciascun operatore di filiera viene dotato dal progetto di uno specifico supporto hardware e del relativo software, che consente di archiviare i dati di rintracciabilità e di scambiarli con altri operatori del sistema.
Una volta completato il sistema di rintracciabilità, viene effettuata una verifica della sua funzionalità e la certificazione di conformità alla norma UNI 10939:2001 da parte di un Ente di certificazione indipendente.

La normativa UNI 10939:2001 indica i principi generali per la progettazione e l’attuazione di sistemi di rintracciabilità nelle filiere agroalimentari, che sono di riferimento anche per il settore ittico. Le attività necessarie per la messa a punto di tale sistema sono molteplici, in particolare però è necessario definire alcuni aspetti fondamentali:

– il prodotto ittico da rintracciare;
– le organizzazioni ed i flussi di materiali coinvolti come per esempio le imbarcazioni, il mercato ittico, il grossista, il trasportatore, il dettagliante o la Grande Distribuzione organizzata;
– le modalità di identificazione del prodotto: se sottoposto a certificazione viene identificato mediante il numero di lotto (numero o codice identificativo univoco) che gli viene affidato al momento della cattura;
– le modalità e le responsabilità della gestione dei dati, ossia la registrazione dei flussi di prodotto fra gli “attori” coinvolti lungo la filiera e la gestione di queste informazioni mediante un sistema informatizzato che deve basarsi su una piattaforma software comune a tutti gli operatori coinvolti nel sistema di rintracciabilità;
– gli accordi formalizzati tra le diverse organizzazioni coinvolte: ogni step va definito per identificare il campo di azione e di responsabilità preciso fra gli “attori” coinvolti, al fine di impostare la modalità di gestione ed il controllo del sistema, questo anche per monitorare e gestire tutti i requisiti igienico-sanitari in tutte le fasi del processo.
Un sistema di rintracciabilità che funzioni, deve poter offrire diverse garanzie, tra cui:
– la sicurezza, ossia l’individuazione di tutti i passaggi del prodotto e la loro documentazione deve consentire di intervenire tempestivamente nel caso in cui si verifichino emergenze alimentari, individuando e isolando i responsabili;
– l’organizzazione, ossia le varie organizzazioni della filiera provvedono alla definizione di una serie di regole interne alla filiera che permettano una corretta e proficua gestione del prodotto;
– la trasparenza e la fiducia, ossia tutti i documenti prodotti con il sistema di rintracciabilità devono consentire l’identificazione in modo univoco circa la provenienza del prodotto.

Se il sistema viene correttamente impostato, il consumatore viene messo nelle condizioni di conoscere la storia del prodotto certificato attraverso il numero di lotto indicato sull’etichetta apposta sulla confezione del prodotto stesso. Da qui la garanzia che attraverso questo codice univoco sia possibile infatti, ripercorrere il percorso che il prodotto ha compiuto dal momento della cattura fino all’acquisto.


Agr.Dott. Mauro Bertuzzi



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martedì 13 aprile 2021

La biodiversità nell'orto circolare

Il termine biodiversità deriva dal greco bios che significa vita, e dal latino diversitas che significa differenza o diversità. Come traduzione alternativa si potrebbe proporre biovarietà o varietà della vita presente sul pianeta. Il termine biodiversità si è ormai consolidato e viene comunemente utilizzato nei diversi ambiti scientifici e culturali (Wikipedia).


Vegetazione spontanea ai margini dell'orto circolare


In un orto circolare, possiamo affermare senza problemi che questo elemento è alla base delle coltivazioni, in quanto la diversità viene vista come una ricchezza ed un opportunità per produrre ortaggi sani, salubri e nel massimo rispetto dell’ambiente. 

Una prima regola è la diversificazione nella fase di semina e/o trapianto, ossia: quando andremo a seminare o trapiantare i nostri ortaggi, cercheremo all’interno di un singolo bancale, di non inserire una sola coltura, ma di sfruttare le consociazioni, ovvero cercare combinazioni di piante che staranno bene assieme e si supporteranno vicendevolmente.

Molto importante avere delle zone con vegetazione spontanea vicino al nostro orto circolare, questo aspetto sarà utile per le sue svariate funzioni che andranno dall’arricchimento del suolo di sostanza organica negli anni successivi alla funzione di attrazione per gli impollinatori e gli insetti utili. A tal proposito sarà fondamentale coltivare fiori e piante sempre nei pressi della zona orticola, in modo da favorire l’arrivo di api, bombi, sirfidi, ecc., utili per l’impollinazione, in questo modo miglioreremo di fatto orto e ambiente.

Basilare sarà anche la cura del suolo, infatti, come abbiamo visto nei paragrafi precedenti, avere diversità biologica nel terreno in termini di insetti e lombrichi, e di microrganismi, porterà assoluto beneficio sia in termini agronomici e quindi produttivi, ma anche di salvaguardia dell’ambiente inteso come non dispersione della CO2 nell’atmosfera.

Altro aspetto importante sono le sementi che garantiscono la diversità genetica e la riproducibilità, quindi non utilizzare come abbiamo visto nell’apposito capitolo sulle sementi gli ibridi commerciali F1, sia perché non sono geneticamente predisposti alla riproduzione e sia per la discendenza che presenterebbe delle caratteristiche diverse dalle piante originarie.

Chi avesse poi gli spazi, sarebbe importante ospitare piccoli animali come i ricci o le cinciallegre mediante una siepe ecologica, oppure anche predisporre un bugs hotel (casetta insetti utili), una bat box (casetta pipistrelli) e/o un ricovero per uccelli insettivori; tutto questo mix è basilare perché la natura genera spontaneamente quella diversità di cui abbiamo necessità.



domenica 14 marzo 2021

L’importanza della catena del freddo

Il settore degli alimenti refrigerati e congelati ha registrato, nell’ultimo decennio, un crescente successo, riconducibile essenzialmente all’applicazione della cosiddetta catena del freddo (supply chain), in tutte le sue fasi che vanno dalla produzione alla distribuzione e conservazione fino alla vendita. 

Il controllo della temperatura in queste fasi è, infatti, requisito essenziale per garantire la sicurezza e la qualità degli alimenti refrigerati e congelati nel rispetto delle direttive di legge e delle norme di produzione.

Attualmente le norme da osservare per il mantenimento della catena del freddo sono stabilite da un specifico Decreto Legislativo (il n. 110 del 27 gennaio 1992) a cui i produttori, i distributori e i venditori di alimenti refrigerati e congelati devono attenersi.


L’importanza della catena del freddo

Nei processi di produzione di alimenti congelati e refrigerati è indispensabile assicurare elevati standard igienici in tutte le varie fasi della produzione e congelare i prodotti velocemente e in modo appropriato subito dopo la loro preparazione.

Occorre inoltre mantenere rigorosamente controllata la temperatura di refrigerazione (<+5°C per prodotti freschi) o di congelamento (<-18°C per i surgelati) durante tutte le fasi che vanno dalla conservazione alla distribuzione, controllando accuratamente anche la temperatura di refrigerazione (<+5°C) o di congelamento (<-18°C) nelle celle di stoccaggio e nei banchi di vendita.

Fondamentale è assicurare che il trasferimento dei prodotti refrigerati o congelati venga effettuato senza “interruzioni” della catena del freddo soprattutto nei camion per la distribuzione, nelle celle frigorifero dei locali di vendita e nelle celle frigorifero dei banchi di vendita fino al consumo finale.

E’ molto importante che, sia il personale addetto che i consumatori, rispettino la corretta manipolazione e conservazione dei cibi refrigerati e congelati, per garantire fino in fondo una corretta qualità e salubrità di tali prodotti.

Fondamentale dunque che la catena del freddo risulti costante, pertanto il principale strumento utilizzato per verificare il rispetto della supply chain è il monitoraggio continuo della temperatura in ogni fase.

Attualmente, l’Accordo Internazionale sul Trasporto delle Merci Deperibili (accordo ATP) indica le seguenti temperature massime per il trasporto:

  • +7°C per le carni;
  • +6°C per i prodotti a base di carne e per il burro;
  • +4°C per il pollame;
  • +4°C il latte e i prodotti lattiero caseari;
  • +2°C per il pesce.
    Questi valori sono comunque validi per tutte le altre fasi della catena del freddo.
    Anche per gli alimenti congelati esistono delle temperature di riferimento per ogni stadio della supply chain; nello specifico la temperatura di questi prodotti deve essere mantenuta sempre al di sotto di -18°C; valori intorno a –15°C sono tollerati per brevi periodi di tempo nelle fasi di trasporto o di distribuzione.
    La temperatura dei banconi frigorifero deve essere mantenuta intorno a -18°C e, in ogni caso, non deve mai superare i -12°C.



La gestione qualitativa dei prodotti lungo la supply chain

L’applicazione della catena del freddo ha consentito con il tempo di migliorare il controllo della temperatura in tutte le fasi di produzione e distribuzione dei prodotti alimentari refrigerati o congelati, pertanto tale monitoraggio è diventato parte integrante del programma di gestione della qualità totale (Total Quality Management).

Le fasi di trasferimento del prodotto, per esempio dall’azienda ai veicoli per il trasporto, dalle celle frigorifero del punto vendita fino al frigorifero/congelatore domestico, rappresentano punti critici.

Un sistema utile per il controllo di queste fasi è rappresentato dalla cosiddetta “staffetta”, dove il testimone (il prodotto alimentare) viene trasferito da un responsabile ad un altro, e dove tutte le informazioni sulla temperatura del prodotto e sulla sua storia vengono documentate per iscritto.

Questo sistema, ovviamente, necessita di un’adeguata preparazione e correttezza da parte di tutti gli operatori coinvolti durante tutta la supply chain.

La corretta applicazione della catena del freddo si basa sul monitoraggio e sulla registrazione della temperatura del prodotto, pertanto le T possono essere misurate direttamente (a contatto con l’alimento) o indirettamente misurando la temperatura dell’ambiente circostante o tra due confezioni.

Per effettuare un controllo sulla “storia termica” di un prodotto durante la conservazione in condizioni di refrigerazione o congelamento, è necessario innanzitutto esaminare le registrazioni dei valori di temperatura dell’aria e i termometri, quindi controllare visivamente il prodotto, evidenziare eventuali segni di scongelamento come ad esempio l’evidente perdita di acqua o ghiaccio all’interno della confezione oppure verificare l’integrità della confezione.

E’ possibile anche misurare la temperatura tra due confezioni (misura non distruttiva) ed effettuare le misure con una sonda preraffreddata, assicurando un buon contatto con la superficie del prodotto, verificando che la sonda abbia una buona efficienza termica. Importante è l’utilizzo della sonda che, al fine di minimizzare l’errore dovuto alla conduzione del calore da altre zone, dovrebbe essere tenuta a contatto con il prodotto per un tempo sufficiente ad ottenere una indicazione di temperatura stabile e non fluttuante; meglio sarebbe se la T venisse rilevata in più punti muovendosi rapidamente da un punto all’altro.

Infine risulta fondamentale effettuare un test invasivo nel caso in cui le temperature rilevate siano molto elevate, facendo riferimento alle indicazioni del produttore dell’alimento e alle relative direttive europee: e.g. 92/2/CEE per le procedure ufficiali per le misure, 93/43/CEE per l’igiene degli alimenti.