Visualizzazione post con etichetta Prodotti freschi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Prodotti freschi. Mostra tutti i post

martedì 25 gennaio 2022

Il Packaging alimentare

Un imballaggio (o imballo), è uno strumento utile alla conservazione di un bene per facilitarne la conservazione e facilitarne in tal modo il trasporto. Per riferirsi ad esso, è molto comune l'uso del termine inglese packaging: quest'ultimo, tuttavia, nel significato originale, assume un'accezione più ampia, ricomprendendo non solo la necessaria conservazione materiale del bene (scopo dell'imballaggio), ma andando a toccare anche gli aspetti immateriali del processo produttivo, industriale ed estetico. Al contrario, il termine italiano "imballaggio" assume un significato più ristretto, relativo all'involucro materiale, o all'operazione (o al complesso di operazioni) attraverso cui la merce viene racchiusa in un contenitore. (Wikipedia)

La normativa

La normativa italiana disciplina l’imballo come prodotto o composto di materiali di qualsiasi natura, adibito a contenere e a proteggere determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, in modo da consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore o all'utilizzatore al fine di assicurare la loro presentazione; definizione valida anche per gli articoli a perdere usati allo stesso scopo (art. 35, lett. a), ex decreto legislativo 22/97, ora art. 218 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante Norme in materia ambientale. Secondo tale classificazione presente all’interno del medesimo decreto, in Italia gli imballaggi sono distinti in tre tipi o categorie funzionali: imballo primario (per la vendita), imballo secondario (multiplo), imballo terziario (per il trasporto).




Il pack alimentare

Il confezionamento degli alimenti è un’operazione con cui viene applicata ad un prodotto alimentare una protezione fisica, chiamata imballaggio, che annulla o minimizza l'influenza dell'ambiente esterno. 

Gli imballaggi alimentari devono essere realizzati con materiali che non dovrebbero mai rilasciare sostanze tossiche o pericolose. Tuttavia, alcuni pack, specialmente se a contatto con un cibo caldo o lipofilo (in cui si possono sciogliere sostanze grasse), potrebbero rilasciare nell'alimento sostanze di tipo diverso e di quantità varia. Una corretta progettazione del packaging secondo i parametri dal D.M. 21/3/197, andrebbe a minimizzare le cessioni da parte della confezione all'alimento in modo da evitare problematiche di natura tossica. Materiali utilizzati per il confezionamento dei prodotti alimentari, devono avere caratteristiche particolari legate alla peculiarità della destinazione, per esempio:

  1. Non essere tossici e soprattutto compatibili con il tipo di alimento con cui devono venire a contatto.
  2. Garantire al prodotto un’adeguata protezione sanitaria, in modo da essere impenetrabili e fungere da barriera all'ingresso di microbi, polveri e sporcizia in genere, oltre che resistere all'attacco di insetti ed eventuali roditori.
  3. Evitare problematiche legate all’umidità ed eventualmente allo scioglimento dei grassi, in pratica essere termoresistenti.
  4. Evitare dispersioni (sia in entrata che in uscita) di gas e odori.
  5. Proteggere dalla luce oppure avere una buona trasparenza, in modo da evitare alterazioni legate alla luminosità.
  6. Resistenza ad eventuali traumi meccanici, evitare manomissioni ed eventualmente rivelare qualora ve ne fossero.
  7. Facile e maneggevole da aprire e anche eventualmente da richiudere (se fosse necessario), in modo da essere utilizzato nel modo corretto per poi essere smaltito secondo le normative vigenti in materia di igiene urbana.
  8. Adeguato nelle dimensioni, nella forma e nel peso, in modo da dare valore aggiunto in funzione del contenuto.
  9. Essere conforme alle nome di commercializzazione: l'imballaggio determina l'unità di vendita (oltre alle eventuali sub-unità), pertanto deve avere tutte le informazioni necessarie per una corretta identificazione merceologica dell’alimento, comprensiva di etichetta in grado di fornire le caratteristiche fisiche e nutrizionali, le modalità di conservazione e di utilizzo (se da conservare in frigorifero o meno, shelf life all’apertura e totale), i termini di scadenza e le indicazioni di tracciabilità (lotto di produzione), l’individuazione del produttore (eventualmente chi lo commercializza) ed eventuali immagini e colori suggestivi per l'acquisto.
  10. Pack utili alla movimentazione di magazzino e trasporto, i prodotti finiti presenti nei depositi alimentari così come le spedizioni, come anche le materie prime, devono avere un imballaggio tale da poter essere gestite al meglio in fase di carico, scarico e stivaggio, per garantire la massima efficienza per unità di dimensioni (piccole o grandi) e forme regolari, in modo da poter avere una massimizzazione economica, magari grazie anche all’ausilio di opportuni mezzi meccanici (carrelli, nastri, containers, ecc.).

In funzione alle caratteristiche per modalità di applicazione, gli imballaggi possono essere suddivisi in tre categorie:

  1. Imballaggio primario, per quei materiali che devono essere a diretto contatto con il prodotto.
  2. Imballaggio secondario, ossia un secondo rivestimento esterno all’alimento, non sempre né obbligatoriamente presente, utile però ad aumentare la protezione meccanica e a dare una forma migliore per la movimentazione di magazzino, oppure più semplicemente per realizzare un impatto visivo migliore ai fini dell'acquisto.
  3. Imballaggio terziario, legato al trasporto, per esempio casse, grandi cartoni, pedane, bins, ecc. Qualora invece fossero trasportati prodotti liquidi (esempio latte), polveri (esempio farina) o granulati (esempio zucchero) in grandi quantità sfuse, il mezzo di trasporto (cisterna o altro) fungerà contemporaneamente sia da imballaggio primario e che terziario.


Il pack sostenibile

La sostenibilità alimentare passa anche dalla protezione di alimenti e di confezioni che ne conservano meglio i prodotti e contemporaneamente non inquinano in quanto biodegradabili. A tal proposito, negli ultimi anni, la ricerca attorno al packaging sostenibile o green, da parte di aziende e startup di tutto il mondo, sta diventando molto importante vista la sensibilità ecologia su questo tema sempre più centrale nelle politiche economiche delle aziende alimentari. Di imballaggi sostenibili in commercio se ne possono ormai trovare di diverso di tipo che spaziano da lavorazioni di vegetali al recupero di materie prime.

I funghi e le alghe sono fra le sostanze naturali maggiormente studiate ed utilizzate per avere packaging sostenibili, tuttavia, negli ultimi anni anche foglie d’ulivo per contenere salmone affumicato o pellicole alimentari al chitosano stanno iniziando a guadagnare fette di mercato.

Vi sono poi soluzioni di packaging innovativo e futuristico, come ad esempio l’imballaggio

commestibile Wikicell, creato da un professore di Harvard che si basa su una membrana protettiva edibile per alimenti fatta di carboidrati, particolarmente utile per le confezioni di yogurt e bevande alcoliche. Altre soluzioni nuove di pack sono gli imballi cosiddetti intelligenti, dotati di linguette speciali che cambiano colore se lalimento scade segnalandolo in maniera inequivocabile. Per cibi liquidi sono presenti involucri biodegradabili e solubili in acqua, utilizzati in cibi come zuppe e minestre.

Considerando gli studi in essere e i progressi della ricerca, nei prossimi anni potremmo avere ulteriori e importanti sviluppi in materia di packaging, anche alla luce del fatto che la sensibilità e il tema ecologico sono ormai sempre più importanti non solo per le aziende, ma soprattutto fra i consumatori.



Agr.Dott. Mauro Bertuzzi



⏪back⏩

domenica 15 agosto 2021

Il pesce azzurro

Solitamente vengono definiti pesci azzurri alcune specie di animali acquatici caratterizzati da colorazione dorsale tendente spesso al blu, in qualche caso verde e da colorazione ventrale argentea.

La denominazione di "pesce azzurro" non si riferisce ad un gruppo scientificamente definito di specie ittiche, ma viene utilizzata commercialmente per indicare alcune varietà di pesci, generalmente di piccola pezzatura, di varia forma e sfumature di colorazione, il cui costo è solitamente ridotto per la grande quantità di pescato.

Biologicamente parlando il pesce azzurro appartiene a specie a vita pelagica, con carni grasse e spesso ricche di oli.

Le varietà di pesce azzurro più importanti e presenti sul mercato sono:

  • sardina (Sardina pilchardus),
  • aringa (Clupea harengus),
  • alice o acciuga (Engraulis encrasicholus),
  • sgombro (Scomber scombrus),
  • aguglia (Belone belone),
  • spratto o papalina (Sprattus sprattus),
  • alaccia (Sardinella aurita),
  • lanzardo (Scomber colias),
  • costardella (Scomberesox saurus)
  • suro (o sugarello) (Trachurus trachurus)
  • pesce ciabola o spatola (Lepidopus caudatus)

Nelle coste atlantiche americane, vive un pesce chiamato azzurro per via del suo colorito turchino; questo esemplare, che nulla ha da spartire con la categoria, è noto per essere un vorace divoratore. 



Qualità nutrizionali

I pesci azzurri sul mercato italico sono reperibili a prezzi contenuti, inoltre le specie che popolano i mari italiani hanno carni che possiedono qualità organolettiche e salutistiche molto importanti. Il contenuto proteico è buono ed i grassi, oltre ad insaporire le carni, sono qualitativamente eccezionali. Nella categoria del pesce azzurro rientrano alcuni dei pesci più ricchi in assoluto di omega-tre; questi grassi, essenziali per il nostro organismo, oltre ad essere molto digeribili, proteggono cuore, vasi e cervello prevenendo malattie come l'Alzheimer, l'aterosclerosi e l'infarto.

I piatti preparati con queste specie sono spesso considerati "cucina povera", ma il pesce azzurro è molto apprezzato in cucina proprio per le qualità nutrizionali delle sue carni, ed anche per questo motivo il consumo di questo alimento viene spesso consigliato nelle diete nelle quali sono da evitare i grassi saturi, presenti in altre specie animali. Essendo, inoltre, un alimento ricco di calcio (350 mg di calcio per 100 g di alimento) è consigliato per combattere i processi di decalcificazione ossea. 

Queste specie ittiche sono anche ricche di minerali come il calcio, il fosforo, lo iodio ed il selenio; discreto anche il contenuto vitaminico ed in particolare di niacina, vit. B12, vit. D e vit. E.

Gli esperti raccomandano di mangiare pesce azzurro almeno due volte alla settimana in modo da soddisfare il fabbisogno minimo di grassi essenziali. 



Il mercato in Italia

In Italia il mercato del pesce azzurro si è sviluppato principalmente nei mercati ittici dell’Adriatico, infatti la commercializzazione di questo prodotto nelle Marche e nell’Emilia Romana è di circa 500 quintali, con un fatturato quotidiano di circa 250.000 euro e annuale di 40 milioni di euro.

Cifre importanti considerando il costo all’ingrosso del pesce azzurro nei mercati ittici di riferimento, circa 4 euro al chilo.*


Tutela del pescato

Molte delle specie di pescato, sono ormai a rischio, per esempio la popolazione delle acciughe nel Canale di Sicilia è ormai al limite del collasso, infatti secondo alcuni studi del 2012 della Commissione generale della pesca nel Mediterraneo (Cgpm) della Fao, negli ultimi tre anni in media si sono pescate circa 5.160 tonnellate di acciughe, quasi il doppio del massimo sostenibile (2.359 tonnellate). Lo stesso vale anche per le popolazioni di sardine, che risultano ormai essere in una situazione di stress degli stock. 

La principale minaccia della stabilità delle riserve di pesce azzurro soprattutto nel Canale di Sicilia, è la pesca delle "volanti a coppia", ovvero la "pesca sperimentale" con reti a strascico semi pelagiche; modalità di pesca illegale denunciata anche dalle principali organizzazioni ambientaliste.

Le acque del canale di Sicilia sono sempre state pescose grazie soprattutto alle correnti dello "Stretto" che incontrano i bassifondi del Banco Avventura, tra la Sicilia e Tunisia, creando quei vortici che portano in superficie le acque di profondità; queste acque sono ricche di nutrienti e assieme alla luce del sole innescano la crescita del fitoplancton, cibo adatto per acciughe e sardine. Attualmente però, la scenario non è dei miglior, come viene indicato nelle conclusioni del Cgpm: «dato che lo stock è in questo momento sovra sfruttato, lo sforzo di pesca deve essere ridotto tramite un piano di gestione pluriennale fino a quando non ci saranno le prove di un recupero dello stock. Devono essere definite notevoli riduzioni delle catture assieme a riduzioni dello sforzo di pesca...».

In conseguenza a questa situazione, le principali organizzazioni ambientaliste, hanno elaborato un rapporto che analizza il problema e chiede con urgenza un piano di gestione capace di ridurre lo sforzo di pesca e le catture per scongiurare la perdita di una risorsa vitale per le comunità costiere siciliane come il pesce azzurro.

Per il futuro, si deve arrivare ad un piano sostenibile che a tutti dovrà richiedere misura e responsabilità, per esempio vietando di pescare pesce azzurro in inverno con le volanti o con qualunque altro sistema quando le catture sono spesso sotto taglia, oppure come richiesto anche dal Cgpm, applicare un piano di rinnovo delle "licenze di pesca sperimentale" ogni sei mesi invece che decennale come in passato.

Or al neo ministro delle Politiche agricole spetterà il compito di difendere i pesci e i pescatori che svolgono il loro lavoro onestamente e salvaguardare nel contempo la sostenibilità del comparto.


fonte comune di Pesaro: www.comune.pesaro.ps.it/asp/schede/allegati/5617/dati.pdf 

martedì 13 luglio 2021

Alimenti refrigerati e qualità

Le principali caratteristiche degli alimenti refrigerati sono sicuramente la sicurezza igienico-sanitaria e l’elevata qualità nutrizionale e sensoriale, nonché la comodità d’uso. Tali caratteristiche però devono poter essere mantenute durante tutte le fasi della filiera, che vanno dalla produzione, alla distribuzione fino alla commercializzazione. 

Fondamentalmente due sono i principi alla base del controllo qualità e sicurezza degli alimenti refrigerati: i fattori PPP (product- process-package, ovvero prodotto-processo-confezionamento) e TTT (time-temperature tolerance, ovvero intervallo tempo- temperatura).




I fattori PPP devono poter essere considerati sin dalle prime fasi della produzione, in quanto risultano essere indispensabili per ottenere un prodotto di qualità. Infatti lo sviluppo di un processo di trasformazione deve tener conto della qualità delle materie prime e degli ingredienti, delle tecnologie utilizzate e delle eventuali interazioni tra ingredienti e/o componenti della formulazione alimentare. In generale si può dire che il processo tecnologico non può migliorare la qualità di un prodotto ottenuto da materie prime scadenti, pertanto, alimenti refrigerati di elevata qualità possono essere ottenuti soltanto a partire da materie prime e ingredienti di elevata qualità. 

I fattori PPP vengono così suddivisi: 

Prodotto 

– Qualità delle materie prime e degli ingredienti (inclusi gli additivi alimentari di possibile utilizzo).
– Idoneità degli ingredienti utilizzati.
– Formulazione e compatibilità dei componenti che costituiscono il prodotto finito. 

Processo 

– Velocità ed efficienza di tutte le operazioni di raffreddamento una volta preparato il prodotto.
– Utilizzo di processi tecnologici addizionali, per esempio la scottatura e/o la pastorizzazione. 

Confezionamento 

– Confezionamento con processi classici.
– Confezionamento innovativo, ad esempio in atmosfera protetta. Fondamentale risulta essere l’approccio tecnologico che generalmente viene applicato nella produzione degli alimenti refrigerati, rappresentato generalmente dalla “teoria degli ostacoli” (hurdle technology), in base alla quale lo sviluppo microbico può essere rallentato dalla simultanea adozione di diversi interventi tecnologici, i cui effetti si sommano l’un l’altro. Gli ostacoli più noti possono essere suddivisi in fisici, chimico-fisici e microbiologici. 

Gli ostacoli fisici: 

– Utilizzo di alte temperature (esempio la pastorizzazione, la sterilizzazione, ecc.).
– Utilizzo di basse temperature (esempio la refrigerazione, il congelamento, ecc.). 
–Tipologia di confezionamento (esempio sotto vuoto, in asettico, in atmosfera protettiva). 

Gli ostacoli chimico fisici: 

– La presenza di bassi o intermedi valori di attività dell’acqua (possibile ottenerli mediante aggiunta di sostanze umettanti).
– La presenza di bassi valori di pH (possibile ottenerli mediante aggiunta di acidificanti o processi fermentativi). 
– La presenza d’inibitori e/o competitori (per esempio SO2, fumo, etanolo, ecc.). 

Gli ostacoli di natura microbiologica: 

– La presenza di flora competitiva. – La presenza di starter microbici. – La presenza di batteriocine. 


I principali fattori determinanti per la shelf-life dei prodotti
I fattori TTT sono molto importanti anche per la temperatura di conservazione della shelf life del prodotto, è noto infatti che a seconda della tipologia di alimenti, i meccanismi che governano la velocità di decadimento della qualità di un prodotto alimentare sono diversi, pertanto, le relazioni TTT sono in grado di predire gli effetti di fluttuazioni di temperatura sulla qualità e dunque sulla vita del prodotto alimentare. 
Non è infrequente che, nel caso degli alimenti refrigerati, si possa incorrere in abusi e/o errori di temperatura, che poi possono sviluppare un potenziale rischio di crescita di microrganismi molto dannosi, quali ad esempio Listeria, Yersinia e Aeromonas

Il controllo e il monitoraggio continuo della temperatura, sono dunque fattori indispensabili al fine di garantire la sicurezza e la qualità di questo genere di alimenti. 

In particolare, i fattori da considerare per tenere sotto controllo la temperatura degli alimenti refrigerati lungo tutta la filiera sono essenzialmente:
1. Verifica durante tutta la produzione e conservazione, considerando anche che la temperatura del prodotto è un CCP nel piano HACCP. 
2. Appropriate temperature di refrigerazione in tutta la catena della distribuzione, nonché il monitoraggio e la registrazione della temperatura del prodotto e dell’ambiente nel quale si trova. Gli strumenti di misurazione della temperatura sono rappresentati da acquisitori di dati, che possono anche portatili oppure l’impiego di indicatori tempo-temperatura (non molto diffusi). 

3. Monitoraggio durante l’esposizione degli alimenti refrigerati nei banconi refrigerati dei punti vendita. Prestare attenzione a non introdurre prodotti caldi all’interno dei banconi refrigerati, in quanto questa operazione può causare un aumento della temperatura: i banconi, infatti, non sono stati progettati per raffreddare gli alimenti ma solo per mantenerli ad una prefissata temperatura. 

4. Errata sistemazione dei prodotti nei banconi (ad esempio, accatastamento) e una insufficiente manutenzione degli impianti di refrigerazione possono essere causa di un innalzamento della temperatura. 

5. Presenza di ghiaccio sulle serpentine di raffreddamento del bancone refrigerato indica la necessità di sbrinarlo e di re-impostare correttamente i termostati.
6. Cambiamenti del flusso di aria fredda all’interno del bancone refrigerato possono causare un aumento di temperatura causando danni notevoli alla shelf-life del prodotto. 

domenica 14 marzo 2021

L’importanza della catena del freddo

Il settore degli alimenti refrigerati e congelati ha registrato, nell’ultimo decennio, un crescente successo, riconducibile essenzialmente all’applicazione della cosiddetta catena del freddo (supply chain), in tutte le sue fasi che vanno dalla produzione alla distribuzione e conservazione fino alla vendita. 

Il controllo della temperatura in queste fasi è, infatti, requisito essenziale per garantire la sicurezza e la qualità degli alimenti refrigerati e congelati nel rispetto delle direttive di legge e delle norme di produzione.

Attualmente le norme da osservare per il mantenimento della catena del freddo sono stabilite da un specifico Decreto Legislativo (il n. 110 del 27 gennaio 1992) a cui i produttori, i distributori e i venditori di alimenti refrigerati e congelati devono attenersi.


L’importanza della catena del freddo

Nei processi di produzione di alimenti congelati e refrigerati è indispensabile assicurare elevati standard igienici in tutte le varie fasi della produzione e congelare i prodotti velocemente e in modo appropriato subito dopo la loro preparazione.

Occorre inoltre mantenere rigorosamente controllata la temperatura di refrigerazione (<+5°C per prodotti freschi) o di congelamento (<-18°C per i surgelati) durante tutte le fasi che vanno dalla conservazione alla distribuzione, controllando accuratamente anche la temperatura di refrigerazione (<+5°C) o di congelamento (<-18°C) nelle celle di stoccaggio e nei banchi di vendita.

Fondamentale è assicurare che il trasferimento dei prodotti refrigerati o congelati venga effettuato senza “interruzioni” della catena del freddo soprattutto nei camion per la distribuzione, nelle celle frigorifero dei locali di vendita e nelle celle frigorifero dei banchi di vendita fino al consumo finale.

E’ molto importante che, sia il personale addetto che i consumatori, rispettino la corretta manipolazione e conservazione dei cibi refrigerati e congelati, per garantire fino in fondo una corretta qualità e salubrità di tali prodotti.

Fondamentale dunque che la catena del freddo risulti costante, pertanto il principale strumento utilizzato per verificare il rispetto della supply chain è il monitoraggio continuo della temperatura in ogni fase.

Attualmente, l’Accordo Internazionale sul Trasporto delle Merci Deperibili (accordo ATP) indica le seguenti temperature massime per il trasporto:

  • +7°C per le carni;
  • +6°C per i prodotti a base di carne e per il burro;
  • +4°C per il pollame;
  • +4°C il latte e i prodotti lattiero caseari;
  • +2°C per il pesce.
    Questi valori sono comunque validi per tutte le altre fasi della catena del freddo.
    Anche per gli alimenti congelati esistono delle temperature di riferimento per ogni stadio della supply chain; nello specifico la temperatura di questi prodotti deve essere mantenuta sempre al di sotto di -18°C; valori intorno a –15°C sono tollerati per brevi periodi di tempo nelle fasi di trasporto o di distribuzione.
    La temperatura dei banconi frigorifero deve essere mantenuta intorno a -18°C e, in ogni caso, non deve mai superare i -12°C.



La gestione qualitativa dei prodotti lungo la supply chain

L’applicazione della catena del freddo ha consentito con il tempo di migliorare il controllo della temperatura in tutte le fasi di produzione e distribuzione dei prodotti alimentari refrigerati o congelati, pertanto tale monitoraggio è diventato parte integrante del programma di gestione della qualità totale (Total Quality Management).

Le fasi di trasferimento del prodotto, per esempio dall’azienda ai veicoli per il trasporto, dalle celle frigorifero del punto vendita fino al frigorifero/congelatore domestico, rappresentano punti critici.

Un sistema utile per il controllo di queste fasi è rappresentato dalla cosiddetta “staffetta”, dove il testimone (il prodotto alimentare) viene trasferito da un responsabile ad un altro, e dove tutte le informazioni sulla temperatura del prodotto e sulla sua storia vengono documentate per iscritto.

Questo sistema, ovviamente, necessita di un’adeguata preparazione e correttezza da parte di tutti gli operatori coinvolti durante tutta la supply chain.

La corretta applicazione della catena del freddo si basa sul monitoraggio e sulla registrazione della temperatura del prodotto, pertanto le T possono essere misurate direttamente (a contatto con l’alimento) o indirettamente misurando la temperatura dell’ambiente circostante o tra due confezioni.

Per effettuare un controllo sulla “storia termica” di un prodotto durante la conservazione in condizioni di refrigerazione o congelamento, è necessario innanzitutto esaminare le registrazioni dei valori di temperatura dell’aria e i termometri, quindi controllare visivamente il prodotto, evidenziare eventuali segni di scongelamento come ad esempio l’evidente perdita di acqua o ghiaccio all’interno della confezione oppure verificare l’integrità della confezione.

E’ possibile anche misurare la temperatura tra due confezioni (misura non distruttiva) ed effettuare le misure con una sonda preraffreddata, assicurando un buon contatto con la superficie del prodotto, verificando che la sonda abbia una buona efficienza termica. Importante è l’utilizzo della sonda che, al fine di minimizzare l’errore dovuto alla conduzione del calore da altre zone, dovrebbe essere tenuta a contatto con il prodotto per un tempo sufficiente ad ottenere una indicazione di temperatura stabile e non fluttuante; meglio sarebbe se la T venisse rilevata in più punti muovendosi rapidamente da un punto all’altro.

Infine risulta fondamentale effettuare un test invasivo nel caso in cui le temperature rilevate siano molto elevate, facendo riferimento alle indicazioni del produttore dell’alimento e alle relative direttive europee: e.g. 92/2/CEE per le procedure ufficiali per le misure, 93/43/CEE per l’igiene degli alimenti.


giovedì 14 gennaio 2021

L’orto sinergico in inverno

L’orto sinergico basandosi sui principi dell’agricoltura sinergica, presuppone una metodologia agronomica applicabile esclusivamente in regime di agricoltura biologica, considerata ad oggi, l’ultima frontiera di questo tipo di agricoltura e praticata con delle tecniche che in “regime biologico” sono solo consigliate e auspicate ma non obbligatorie. 

In sostanza il metodo sinergico si basa su tecniche agronomiche ed accorgimenti che mirano principalmente alla fertilità del suolo e alla conseguente miglior salute del sistema suolo-microrganismi-piante, esattamente come per l’orto biologico, ma con misure molto più incisive. 

Fondamentale per questo tipo di orticoltura, è la definizione degli spazi, ossia la determinazione di passaggi che vengono normalmente lasciati nel terreno tra le file di ortaggi per consentirne la cura e la raccolta; con questa metodologia le distanze create, devono essere definitive, in modo da delimitare in maniera univoca, il percorso di camminamento e dove si coltiva, applicando ogni accortezza affinché non vi sia più bisogno di calpestare le zone coltivate. Per semplicità vengono chiamati “passaggi” i percorsi calpestabili e “bancali” o “aiuole” le zone coltivate.


Rincalzatura di pacciamatura in autunno


Gli ortaggi invernali

In inverno anche per l’orto sinergico, le colture orticole che vengono definite, devono tenere conto dell’adattabilità alle basse temperature dei singoli ortaggi; per esempio le piantine trapiantate a partire dalla fine dell’autunno con crescita e sviluppo in inverno ma con maturazione e raccolta in primavera sono: piselli, fave, cipolle e aglio. Oppure vi sono anche ortaggi trapiantati a partire dalla fine dell’estate con crescita e sviluppo in autunno ma con maturazione e raccolta in inverno; i più i portanti sono: cavoli, broccoli, verze, porri e finocchi.

Vi sono poi delle piante cosiddette perenni quali il rabarbaro e il carciofo che restano in campo tutto l’anno compreso l’inverno.

In generale durante i mesi freddi, le verdure a foglia verde, come i cavoli, le verze e i broccoli, resistendo maggiormente rispetto ad altri ortaggi alle temperature rigide, sono l’ideale per la coltivazione orticola, inoltre sono anche ricche di sapore e micronutrienti.



Consociazioni e lavorazioni invernali 

L’attività invernale è ridotta al minimo, ma già da fine autunno (novembre) si potrebbero seminare per esempio la lattuga e il radicchio in coltura protetta sotto i teli. 

Nel mese di dicembre è possibile invece, provvedere al riassetto e al consolidamento dei bancali (evitando il compattamento del terreno) e a strutturare con nuovo materiale pacciamante le aiuole per proteggere le recenti semine dal freddo, in quanto parte della vecchia pacciamatura si è degradata ed è diventata compost di superficie; è fondamentale poi fare copertura pacciamante anche sui passaggi fra i bancali, così da evitare alle aiuole di perdere umidità dalle sponde.

Successivamente nel mese di gennaio, laddove fosse possibile lavorare in coltura protetta, è il momento giusto per iniziare a seminare colture per la primavera estate come: il basilico, la melanzana, il pomodoro, ecc.…Tuttavia, considerando che nell’orto sinergico saranno ancora presenti altre colture invernali, le consociazioni sfavorevoli da evitare saranno: cavoli-cipolla, cetriolo-pomodoro, ravanello-cetriolo.

Dal mese di febbraio si potrebbero già seminare all’aperto l’aglio, le bietole, la cicoria, la cipolla, il radicchio, le rape, il ravanello e lo spinacio, oltre che proseguire con le carote se iniziata la semina a gennaio; vanno evitate le consociazioni di aglio-cavoli, aglio-pisello, cipolla-cavoli, cipolla-pisello, rape-spinacio, ravanello-cetriolo, prezzemolo-lattuga, sedano-lattuga, cavoli-cipolle, cavoli-finocchio.

A marzo con il rialzo delle temperature, inizia la ripresa vegetativa e quindi delle attività, prosegue comunque la coltivazione in coltura protetta per esempio di anguria, cetriolo, melanzana, melone, peperone, sedano e zucchine, ma allo stesso tempo si può iniziare anche la semina sempre in ambiente protetto, di fagiolo e zucca. All’aperto si può cominciare a seminare anche la bietola, la carota, la cicoria, l’insalata, la lattuga, il radicchio, le rape, il ravanello lo spinacio, il pisello e il prezzemolo. Inoltre, in primavera si può procedere anche al trapianto all’aperto di aglio e cipolle. Da evitare le consociazioni di fagiolo-aglio, fagiolo-cipolla, fagiolo-finocchio, fagiolo-pomodoro e zucca-cetriolo.


Pianta di Tagete nell'orto


La difesa 

In orticoltura sinergica i prodotti di origine naturale, sia antiparassitari che anche i fertilizzanti, si usano il meno possibile, perché si preferisce applicare strategie preventive di coltura piuttosto che usare dei prodotti che pur essendo naturali sono comunque estranei all’ecosistema. In generale, la grande cura profusa nel conservare le condizioni ideali di formazione dell’humus nei bancali e le buone pratiche agronomiche, permettono la crescita di piante sane e decisamente resistenti a parassiti e malattie

La filosofia di base è quella di cercare di tenere in salute tutto il sistema suolo-microrganismi-piante, in modo che questi meccanismi compensino autonomamente l’eventuale insorgere di patologie. Inoltre, nel metodo sinergico, come abbiamo visto nel paragrafo precedente, si utilizzano consociazioni all’interno dello stesso bancale, in funzione delle indicazioni “fitosociologiche” di reciproco stimolo alla crescita e di reciproca difesa, questo per poter stimolare barriere naturali per le colture presenti.

Fondamentale è la prassi di coltivare delle piante ad azione repellente (come per esempio il tagete, la calendula, il nasturzio, piante aromatiche, ecc.) in mezzo agli ortaggi, i quali a loro volta sono scelti in modo che in ogni bancale siano presenti almeno tre famiglie diverse contemporaneamente. 

Oltre alla specifica azione repellente, la diversificazione delle colture a così stretto contatto, è una grande difesa contro molti tipi di attacchi parassitari che in questo modo potranno avere una diffusione molto limitata. 

Il risultato di una coltivazione con il metodo sinergico è un impianto permanente con una vastissima biodiversità dove piante perenni trovano posto vicino a colture annuali che, a loro volta, hanno una posizione sistematica ma intervallata da diverse famiglie. Con tale metodo le colture non seguono una rotazione ma delle successioni, perché nello stesso appezzamento convivono piante con diversi periodi di sviluppo che vengono sostituite singolarmente con altre specie che iniziano il loro ciclo vitale in corrispondenza della fine delle precedenti. 

Dopo aver iniziato la coltivazione dell’orto sinergico, con il tempo, diminuiscono anche drasticamente le eventuali necessità di specifici trattamenti antiparassitari, questo  perché le colture diventano più resistenti grazie soprattutto ad un terreno più fertile e una naturale difesa dovuta all’effetto combinato delle piante ad azione repellente e alla grande biodiversità. 


Pianta di Melissa nell'orto



⏪back⏩

lunedì 14 dicembre 2020

La supply chain alimentare

Il mercato agroalimentare negli ultimi anni è profondamente cambiato, oggi giorno le scorte di magazzino, laddove fosse possibile, sono sempre meno, in quanto la tendenza di qualche decennio fa, ossia vendere ciò che veniva prodotto è cambiata, in questi anni non è più realistico ed occorre produrre solo ciò che si riesce a vendere. Pertanto, le aziende sono passate ad un approccio marketing oriented, che permette loro di individuare esattamente i bisogni di mercato e andare a soddisfarli in una logica di quasi real time. In questo scenario la logistica integrata (supply chain management), grazie alla sua importanza strategica, ha consentito lo sviluppo e l'affermazione della filiera agroalimentare e dei concetti di tracciabilità e rintracciabilità in una condizione quantomai attuale di sicurezza alimentare.

La supply chain dei prodotti alimentari è un processo molto delicato e articolato che come primo aspetto, deve garantire e gestire l’approvvigionamento delle materie prime, passando dallo stoccaggio in magazzino per andare poi al rifornimento all’interno dei reparti. Nello stesso tempo deve anche occuparsi di gestire l’imballaggio della merce e assicurare il corretto flusso di trasporto su tutta la rete distributiva; tutto ciò cercando di garantire un’attenta pianificazione nel rispetto dei tempi previsti.

Si può tranquillamente affermare che una Supply chain efficiente, deve comprendere tutto il processo organizzativo, strategico e gestionale all’interno di un’azienda. 



La tecnologia

All’interno dei processi logistici, vi sono aspetti fondamentali legati alla tecnologia che oggi giorno sempre di più, non possono che essere fondamentali. Per esempio al giorno d’oggi si parla ormai di "droni", "IoT" (Internet of Things) o "Big Data", attraverso cui è poi possibile poi ricavare tutta una serie di informazioni in real time che possano servire in seguito per l’ottimizzazione di modelli futuri di supply chain.

I processi di standardizzazione nei flussi comunicativi, attraverso l’utilizzo di EDI (Electronic Data Interchange) hanno consentito di semplificare e ottimizzare lo scambio di informazioni tra tutti i player coinvolti nella catena distributiva, come ad esempio:

  • l’invio degli ordini di acquisto da parte dei clienti al buying office o ufficio gestione scorte;
  • trasmissione della fattura elettronica e/o packing list (liste di distribuzione) da parte del produttore al buying office o ufficio gestione scorte;
  • eventuale invio di packing list e/o etichette al magazzino logistico di origine;
  • in caso di merce importata, trasmissione di informazioni quali pre-clearing e prior notice dallo spedizioniere (che ha provveduto alle pratiche doganali);
  • invio di packing list al centro di distribuzione.

Tutto ciò per la parte informativa, senza contare poi tutta la parte distributiva legata alla radio frequenza (RF), ossia gestione del magazzino con sistemi di onde radio sui terminali degli operatori, in grado di ottimizzare tempi e metodi.  Vi sono poi magazzini completamente automatizzati gestisti dai robot, per lavorazioni massime di prodotti molto standard come per esempio l’acqua in plastica venduta e movimentata a bancali interi.

Infine, ma non per ordine d’importanza, vi è anche la gestione dei mezzi di trasporto con software satellitari, in grado di monitorare i camion lungo il percorso e in caso di trasporti refrigerati come i prodotti freschi (carne, pesce, formaggi, ecc) o surgelati, di rilasciare in tempo reale, il tracciato della temperatura in fase di consegna a garanzia del mantenimento della catena del freddo.



La tracciabilità

Per tracciabilità in logistica, si intende l'identificazione delle diverse fasi che percorre un prodotto o un pacco (in caso di gestione corriere) da un punto in cui si è originato (la fabbrica o il magazzino) fino a un punto di destinazione (il cliente o il negozio in caso di retail). 

Anche per la supply chain alimentare oltre che essere un requisito fondamentale per la gestione della sicurezza e delle emergenze alimentari, la tracciabilità ha un ruolo importante per garantire la qualità del prodotto; infatti, grazie a un accurato sistema di documentazione (ormai per lo più informatizzata), è possibile risalire a tutti i controlli eseguiti sui processi e i prodotti in ogni fase produttiva.

I termini tracciabilità e rintracciabilità o anche chiamati internazionalmente tracking per la tracciabilità e tracing per la rintracciabilità, spesso vengono utilizzati come sinonimi per identificare due processi ben precisi, ma che in realtà identificano due metodi speculari fra loro.

La tracciabilità/tracking è il processo che segue il prodotto da monte a valle della filiera (dall’inizio alla fine) in modo che, in ogni fase del processo, vengano lasciate opportune tracce chiamate: informazioni.

La rintracciabilità/tracing è il processo inverso della filiera (dalla fine all’inizio), ossia un metodo in grado di raccogliere le informazioni precedentemente rilasciate.

Nel primo caso, l’obiettivo di “tracciare” le informazioni è quello di stabilire quali agenti e quali elementi debbano “lasciare traccia” lungo tutto il processo; nel secondo caso invece, si tratta principalmente di evidenziare lo strumento tecnico utile a rintracciare queste “tracce”.



La Supply Chain agroalimentare

L’integrazione fra produzione agroalimentare e supply chain se ben integrata, può generare valore aggiunto lungo la filiera dando sicurezza e affidabilità sia al produttore che al consumatore attraverso lo stretto coordinamento delle attività logistiche lungo la catena di fornitura (supply chain). 

In particolare, l’evoluzione delle preferenze del consumatore ha portato ad una crescita esponenziale delle gamma e varietà dei prodotti agroalimentari disponibili, obbligando, di fatto, anche il flusso logistico a adeguarsi alle esigenze distributive attraverso un aumento della frequenza di consegna e alla ricerca di un livello di servizio sempre più alto. Questa profonda evoluzione è relativamente recente, ma è destinata a crescere radicalmente, in quanto la supply chain alimentare soprattutto per i prodotti freschi e freschissimi (carne, pesce, ortofrutta, latticini, salumi, ecc.), riveste e rivestirà un ruolo sempre più strategico, attraverso l’integrazione dei flussi fisici, informatici ed informativi fra clienti, servizi logistici, distributori e produttori.

L’origine delle principali difficoltà commerciali e distributive del sistema agro-alimentare e che danno luogo ad eccessive voci di costo, sono molto spesso da ricondursi alle inefficienze legate ad una non corretta gestione dei flussi lungo la supply chain, più che ad aspetti tecnici di produzione. Inoltre, occorre porre particolare attenzione al trasporto e alla gestione dei flussi informaci ed informativi, questo per il loro ruolo fondamentale di articolazione degli scambi, ma, soprattutto, perché il sistema agroalimentare italiano – e in particolare il settore dei prodotti alimentari deperibili freschi – è particolarmente sensibile alla distanza fra le aree produttive e quelle di consumo,  di conseguenza è basilare porre attenzione a tutti i flussi lungo la filiera per garantire un servizio efficiente e di valore al cliente finale.