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martedì 25 gennaio 2022

Il Packaging alimentare

Un imballaggio (o imballo), è uno strumento utile alla conservazione di un bene per facilitarne la conservazione e facilitarne in tal modo il trasporto. Per riferirsi ad esso, è molto comune l'uso del termine inglese packaging: quest'ultimo, tuttavia, nel significato originale, assume un'accezione più ampia, ricomprendendo non solo la necessaria conservazione materiale del bene (scopo dell'imballaggio), ma andando a toccare anche gli aspetti immateriali del processo produttivo, industriale ed estetico. Al contrario, il termine italiano "imballaggio" assume un significato più ristretto, relativo all'involucro materiale, o all'operazione (o al complesso di operazioni) attraverso cui la merce viene racchiusa in un contenitore. (Wikipedia)

La normativa

La normativa italiana disciplina l’imballo come prodotto o composto di materiali di qualsiasi natura, adibito a contenere e a proteggere determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, in modo da consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore o all'utilizzatore al fine di assicurare la loro presentazione; definizione valida anche per gli articoli a perdere usati allo stesso scopo (art. 35, lett. a), ex decreto legislativo 22/97, ora art. 218 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante Norme in materia ambientale. Secondo tale classificazione presente all’interno del medesimo decreto, in Italia gli imballaggi sono distinti in tre tipi o categorie funzionali: imballo primario (per la vendita), imballo secondario (multiplo), imballo terziario (per il trasporto).




Il pack alimentare

Il confezionamento degli alimenti è un’operazione con cui viene applicata ad un prodotto alimentare una protezione fisica, chiamata imballaggio, che annulla o minimizza l'influenza dell'ambiente esterno. 

Gli imballaggi alimentari devono essere realizzati con materiali che non dovrebbero mai rilasciare sostanze tossiche o pericolose. Tuttavia, alcuni pack, specialmente se a contatto con un cibo caldo o lipofilo (in cui si possono sciogliere sostanze grasse), potrebbero rilasciare nell'alimento sostanze di tipo diverso e di quantità varia. Una corretta progettazione del packaging secondo i parametri dal D.M. 21/3/197, andrebbe a minimizzare le cessioni da parte della confezione all'alimento in modo da evitare problematiche di natura tossica. Materiali utilizzati per il confezionamento dei prodotti alimentari, devono avere caratteristiche particolari legate alla peculiarità della destinazione, per esempio:

  1. Non essere tossici e soprattutto compatibili con il tipo di alimento con cui devono venire a contatto.
  2. Garantire al prodotto un’adeguata protezione sanitaria, in modo da essere impenetrabili e fungere da barriera all'ingresso di microbi, polveri e sporcizia in genere, oltre che resistere all'attacco di insetti ed eventuali roditori.
  3. Evitare problematiche legate all’umidità ed eventualmente allo scioglimento dei grassi, in pratica essere termoresistenti.
  4. Evitare dispersioni (sia in entrata che in uscita) di gas e odori.
  5. Proteggere dalla luce oppure avere una buona trasparenza, in modo da evitare alterazioni legate alla luminosità.
  6. Resistenza ad eventuali traumi meccanici, evitare manomissioni ed eventualmente rivelare qualora ve ne fossero.
  7. Facile e maneggevole da aprire e anche eventualmente da richiudere (se fosse necessario), in modo da essere utilizzato nel modo corretto per poi essere smaltito secondo le normative vigenti in materia di igiene urbana.
  8. Adeguato nelle dimensioni, nella forma e nel peso, in modo da dare valore aggiunto in funzione del contenuto.
  9. Essere conforme alle nome di commercializzazione: l'imballaggio determina l'unità di vendita (oltre alle eventuali sub-unità), pertanto deve avere tutte le informazioni necessarie per una corretta identificazione merceologica dell’alimento, comprensiva di etichetta in grado di fornire le caratteristiche fisiche e nutrizionali, le modalità di conservazione e di utilizzo (se da conservare in frigorifero o meno, shelf life all’apertura e totale), i termini di scadenza e le indicazioni di tracciabilità (lotto di produzione), l’individuazione del produttore (eventualmente chi lo commercializza) ed eventuali immagini e colori suggestivi per l'acquisto.
  10. Pack utili alla movimentazione di magazzino e trasporto, i prodotti finiti presenti nei depositi alimentari così come le spedizioni, come anche le materie prime, devono avere un imballaggio tale da poter essere gestite al meglio in fase di carico, scarico e stivaggio, per garantire la massima efficienza per unità di dimensioni (piccole o grandi) e forme regolari, in modo da poter avere una massimizzazione economica, magari grazie anche all’ausilio di opportuni mezzi meccanici (carrelli, nastri, containers, ecc.).

In funzione alle caratteristiche per modalità di applicazione, gli imballaggi possono essere suddivisi in tre categorie:

  1. Imballaggio primario, per quei materiali che devono essere a diretto contatto con il prodotto.
  2. Imballaggio secondario, ossia un secondo rivestimento esterno all’alimento, non sempre né obbligatoriamente presente, utile però ad aumentare la protezione meccanica e a dare una forma migliore per la movimentazione di magazzino, oppure più semplicemente per realizzare un impatto visivo migliore ai fini dell'acquisto.
  3. Imballaggio terziario, legato al trasporto, per esempio casse, grandi cartoni, pedane, bins, ecc. Qualora invece fossero trasportati prodotti liquidi (esempio latte), polveri (esempio farina) o granulati (esempio zucchero) in grandi quantità sfuse, il mezzo di trasporto (cisterna o altro) fungerà contemporaneamente sia da imballaggio primario e che terziario.


Il pack sostenibile

La sostenibilità alimentare passa anche dalla protezione di alimenti e di confezioni che ne conservano meglio i prodotti e contemporaneamente non inquinano in quanto biodegradabili. A tal proposito, negli ultimi anni, la ricerca attorno al packaging sostenibile o green, da parte di aziende e startup di tutto il mondo, sta diventando molto importante vista la sensibilità ecologia su questo tema sempre più centrale nelle politiche economiche delle aziende alimentari. Di imballaggi sostenibili in commercio se ne possono ormai trovare di diverso di tipo che spaziano da lavorazioni di vegetali al recupero di materie prime.

I funghi e le alghe sono fra le sostanze naturali maggiormente studiate ed utilizzate per avere packaging sostenibili, tuttavia, negli ultimi anni anche foglie d’ulivo per contenere salmone affumicato o pellicole alimentari al chitosano stanno iniziando a guadagnare fette di mercato.

Vi sono poi soluzioni di packaging innovativo e futuristico, come ad esempio l’imballaggio

commestibile Wikicell, creato da un professore di Harvard che si basa su una membrana protettiva edibile per alimenti fatta di carboidrati, particolarmente utile per le confezioni di yogurt e bevande alcoliche. Altre soluzioni nuove di pack sono gli imballi cosiddetti intelligenti, dotati di linguette speciali che cambiano colore se lalimento scade segnalandolo in maniera inequivocabile. Per cibi liquidi sono presenti involucri biodegradabili e solubili in acqua, utilizzati in cibi come zuppe e minestre.

Considerando gli studi in essere e i progressi della ricerca, nei prossimi anni potremmo avere ulteriori e importanti sviluppi in materia di packaging, anche alla luce del fatto che la sensibilità e il tema ecologico sono ormai sempre più importanti non solo per le aziende, ma soprattutto fra i consumatori.



Agr.Dott. Mauro Bertuzzi



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martedì 13 luglio 2021

Alimenti refrigerati e qualità

Le principali caratteristiche degli alimenti refrigerati sono sicuramente la sicurezza igienico-sanitaria e l’elevata qualità nutrizionale e sensoriale, nonché la comodità d’uso. Tali caratteristiche però devono poter essere mantenute durante tutte le fasi della filiera, che vanno dalla produzione, alla distribuzione fino alla commercializzazione. 

Fondamentalmente due sono i principi alla base del controllo qualità e sicurezza degli alimenti refrigerati: i fattori PPP (product- process-package, ovvero prodotto-processo-confezionamento) e TTT (time-temperature tolerance, ovvero intervallo tempo- temperatura).




I fattori PPP devono poter essere considerati sin dalle prime fasi della produzione, in quanto risultano essere indispensabili per ottenere un prodotto di qualità. Infatti lo sviluppo di un processo di trasformazione deve tener conto della qualità delle materie prime e degli ingredienti, delle tecnologie utilizzate e delle eventuali interazioni tra ingredienti e/o componenti della formulazione alimentare. In generale si può dire che il processo tecnologico non può migliorare la qualità di un prodotto ottenuto da materie prime scadenti, pertanto, alimenti refrigerati di elevata qualità possono essere ottenuti soltanto a partire da materie prime e ingredienti di elevata qualità. 

I fattori PPP vengono così suddivisi: 

Prodotto 

– Qualità delle materie prime e degli ingredienti (inclusi gli additivi alimentari di possibile utilizzo).
– Idoneità degli ingredienti utilizzati.
– Formulazione e compatibilità dei componenti che costituiscono il prodotto finito. 

Processo 

– Velocità ed efficienza di tutte le operazioni di raffreddamento una volta preparato il prodotto.
– Utilizzo di processi tecnologici addizionali, per esempio la scottatura e/o la pastorizzazione. 

Confezionamento 

– Confezionamento con processi classici.
– Confezionamento innovativo, ad esempio in atmosfera protetta. Fondamentale risulta essere l’approccio tecnologico che generalmente viene applicato nella produzione degli alimenti refrigerati, rappresentato generalmente dalla “teoria degli ostacoli” (hurdle technology), in base alla quale lo sviluppo microbico può essere rallentato dalla simultanea adozione di diversi interventi tecnologici, i cui effetti si sommano l’un l’altro. Gli ostacoli più noti possono essere suddivisi in fisici, chimico-fisici e microbiologici. 

Gli ostacoli fisici: 

– Utilizzo di alte temperature (esempio la pastorizzazione, la sterilizzazione, ecc.).
– Utilizzo di basse temperature (esempio la refrigerazione, il congelamento, ecc.). 
–Tipologia di confezionamento (esempio sotto vuoto, in asettico, in atmosfera protettiva). 

Gli ostacoli chimico fisici: 

– La presenza di bassi o intermedi valori di attività dell’acqua (possibile ottenerli mediante aggiunta di sostanze umettanti).
– La presenza di bassi valori di pH (possibile ottenerli mediante aggiunta di acidificanti o processi fermentativi). 
– La presenza d’inibitori e/o competitori (per esempio SO2, fumo, etanolo, ecc.). 

Gli ostacoli di natura microbiologica: 

– La presenza di flora competitiva. – La presenza di starter microbici. – La presenza di batteriocine. 


I principali fattori determinanti per la shelf-life dei prodotti
I fattori TTT sono molto importanti anche per la temperatura di conservazione della shelf life del prodotto, è noto infatti che a seconda della tipologia di alimenti, i meccanismi che governano la velocità di decadimento della qualità di un prodotto alimentare sono diversi, pertanto, le relazioni TTT sono in grado di predire gli effetti di fluttuazioni di temperatura sulla qualità e dunque sulla vita del prodotto alimentare. 
Non è infrequente che, nel caso degli alimenti refrigerati, si possa incorrere in abusi e/o errori di temperatura, che poi possono sviluppare un potenziale rischio di crescita di microrganismi molto dannosi, quali ad esempio Listeria, Yersinia e Aeromonas

Il controllo e il monitoraggio continuo della temperatura, sono dunque fattori indispensabili al fine di garantire la sicurezza e la qualità di questo genere di alimenti. 

In particolare, i fattori da considerare per tenere sotto controllo la temperatura degli alimenti refrigerati lungo tutta la filiera sono essenzialmente:
1. Verifica durante tutta la produzione e conservazione, considerando anche che la temperatura del prodotto è un CCP nel piano HACCP. 
2. Appropriate temperature di refrigerazione in tutta la catena della distribuzione, nonché il monitoraggio e la registrazione della temperatura del prodotto e dell’ambiente nel quale si trova. Gli strumenti di misurazione della temperatura sono rappresentati da acquisitori di dati, che possono anche portatili oppure l’impiego di indicatori tempo-temperatura (non molto diffusi). 

3. Monitoraggio durante l’esposizione degli alimenti refrigerati nei banconi refrigerati dei punti vendita. Prestare attenzione a non introdurre prodotti caldi all’interno dei banconi refrigerati, in quanto questa operazione può causare un aumento della temperatura: i banconi, infatti, non sono stati progettati per raffreddare gli alimenti ma solo per mantenerli ad una prefissata temperatura. 

4. Errata sistemazione dei prodotti nei banconi (ad esempio, accatastamento) e una insufficiente manutenzione degli impianti di refrigerazione possono essere causa di un innalzamento della temperatura. 

5. Presenza di ghiaccio sulle serpentine di raffreddamento del bancone refrigerato indica la necessità di sbrinarlo e di re-impostare correttamente i termostati.
6. Cambiamenti del flusso di aria fredda all’interno del bancone refrigerato possono causare un aumento di temperatura causando danni notevoli alla shelf-life del prodotto. 

giovedì 13 maggio 2021

La tracciabilità e rintracciabilità nel pesce

I termini tracciabilità e rintracciabilità o anche chiamati internazionalmente tracking per la tracciabilità e tracing per la rintracciabilità, spesso vengono utilizzati come sinonimi per identificare due processi ben precisi, che in realtà identificano due metodi speculari fra loro.
La tracciabilità/tracking è il processo che segue il prodotto da monte a valle della filiera (dall’inizio alla fine) in modo che, in ogni fase del processo, vengano lasciate opportune tracce chiamate: informazioni.
La rintracciabilità/tracing è il processo inverso della filiera (dalla fine all’inizio), ossia un metodo in grado di raccogliere le informazioni precedentemente rilasciate.
Nel primo caso, l’obiettivo di “tracciare” le informazioni è quello di stabilire quali agenti e quali elementi debbano “lasciare traccia” lungo tutto il processo; nel secondo caso invece, si tratta principalmente di evidenziare lo strumento tecnico utile a rintracciare queste “tracce”.




La tracciabilità

La tracciabilità si può suddividere in tracciabiltà interna che ha come riferimento lo stabilimento di produzione, oppure tracciabiltà esterna che ha invece relazione lungo tutta la filiera.
Nella tracciabilità interna, il prodotto viene segnato esclusivamente nelle fasi di produzione gestite da un singolo operatore, di conseguenza non richiede che vengano create reti per garantire un flusso di informazioni fra diversi soggetti. Gli scopi per i quali un’azienda decide di adottare un sistema di tracciabilità interna sono prevalentemente quelli di ottimizzare i processi produttivi, attivare sistemi di gestione della qualità e di certificazione, garantire trasparenza per avviare opportune azioni di marketing.

Nella tracciabilità esterna o di filiera invece, ad essere tracciato è il prodotto lungo tutte le sue fasi, che siano esse tecnologiche, logistiche o di produzione. In questo caso quindi, è necessario avere un sistema che permetta ad operatori differenti, di scambiarsi i flussi di informazioni inerenti il prodotto trattato.

Nell’ittico la tracciabilità di filiera, è uno strumento ormai indispensabile per ottimizzare tutta la supply chain e qualificare il prodotto, visto che, sono ormai coinvolti una molteplicità di soggetti: produttori, distributori, logistiche, grossisti, gdo e dettaglianti fino al consumatore finale.

Negli ultimi anni l’esigenza di tracciare tutte le informazioni nel processo ittico, oltre che per i motivi sopra indicati, nasce da iniziative di oggetti aggreganti lungo la filiera produttiva, quali per esempio le associazioni di categoria o di prodotto oppure i consorzi di tutela.


La rintracciabilità

La rintracciabilità costituisce uno strumento insostituibile per consolidare le relazioni di fiducia tra produttore e consumatore in quanto permette a quest’ultimo di conoscere l’effettiva provenienza del pescato, che altrimenti non sarebbe in grado di determinare. Inoltre, la definizione degli attori che compongono la filiera e l’individuazione di tutti i passaggi che il prodotto compie prima di giungere al consumatore sono utili per l’attivazione di procedure di gestione e controllo della qualità.

Per implementare un sistema di rintracciabilità di filiera che funzioni, dovrebbero essere organizzati degli incontri preliminari, con i diversi attori della filiera: produttori,

commercianti, trasformatori, ristoratori, ecc., utili per stabilire le modalità di implementazione del sistema e i requisiti che è necessario rispettare per ogni “attore” coinvolto.
L’allestimento di un sistema di rintracciabilità principalmente si compone prima di tutto di una parte organizzativa e gestionale, poi di una piattaforma informatica a supporto del sistema stesso, composta da specifici hardware e software.

La definizione dell’organizzazione del sistema prende avvio dall’individuazione degli operatori coinvolti nel sistema stesso e prosegue poi con la definizione delle relative singole responsabilità.
Successivamente per ognuna delle filiere coinvolte dal progetto, dev’essere predisposto un manuale di rintracciabilità, ossia un documento che vada a regolamentare i rapporti tra le aziende che fanno parte della filiera e stabilisca inequivocabilmente modi e responsabilità.

Il manuale è imprescindibile ai fini della certificazione del sistema: rappresenta l’impegno con cui l’Ente – parte terza indipendente – deve utilizzare quale riferimento nelle verifiche ispettive sul campo, per l’effettiva applicazione del sistema di rintracciabilità in conformità alla norma UNI 10939:2001.

A supporto del sistema di rintracciabilità, ciascun operatore di filiera viene dotato dal progetto di uno specifico supporto hardware e del relativo software, che consente di archiviare i dati di rintracciabilità e di scambiarli con altri operatori del sistema.
Una volta completato il sistema di rintracciabilità, viene effettuata una verifica della sua funzionalità e la certificazione di conformità alla norma UNI 10939:2001 da parte di un Ente di certificazione indipendente.

La normativa UNI 10939:2001 indica i principi generali per la progettazione e l’attuazione di sistemi di rintracciabilità nelle filiere agroalimentari, che sono di riferimento anche per il settore ittico. Le attività necessarie per la messa a punto di tale sistema sono molteplici, in particolare però è necessario definire alcuni aspetti fondamentali:

– il prodotto ittico da rintracciare;
– le organizzazioni ed i flussi di materiali coinvolti come per esempio le imbarcazioni, il mercato ittico, il grossista, il trasportatore, il dettagliante o la Grande Distribuzione organizzata;
– le modalità di identificazione del prodotto: se sottoposto a certificazione viene identificato mediante il numero di lotto (numero o codice identificativo univoco) che gli viene affidato al momento della cattura;
– le modalità e le responsabilità della gestione dei dati, ossia la registrazione dei flussi di prodotto fra gli “attori” coinvolti lungo la filiera e la gestione di queste informazioni mediante un sistema informatizzato che deve basarsi su una piattaforma software comune a tutti gli operatori coinvolti nel sistema di rintracciabilità;
– gli accordi formalizzati tra le diverse organizzazioni coinvolte: ogni step va definito per identificare il campo di azione e di responsabilità preciso fra gli “attori” coinvolti, al fine di impostare la modalità di gestione ed il controllo del sistema, questo anche per monitorare e gestire tutti i requisiti igienico-sanitari in tutte le fasi del processo.
Un sistema di rintracciabilità che funzioni, deve poter offrire diverse garanzie, tra cui:
– la sicurezza, ossia l’individuazione di tutti i passaggi del prodotto e la loro documentazione deve consentire di intervenire tempestivamente nel caso in cui si verifichino emergenze alimentari, individuando e isolando i responsabili;
– l’organizzazione, ossia le varie organizzazioni della filiera provvedono alla definizione di una serie di regole interne alla filiera che permettano una corretta e proficua gestione del prodotto;
– la trasparenza e la fiducia, ossia tutti i documenti prodotti con il sistema di rintracciabilità devono consentire l’identificazione in modo univoco circa la provenienza del prodotto.

Se il sistema viene correttamente impostato, il consumatore viene messo nelle condizioni di conoscere la storia del prodotto certificato attraverso il numero di lotto indicato sull’etichetta apposta sulla confezione del prodotto stesso. Da qui la garanzia che attraverso questo codice univoco sia possibile infatti, ripercorrere il percorso che il prodotto ha compiuto dal momento della cattura fino all’acquisto.


Agr.Dott. Mauro Bertuzzi



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domenica 14 marzo 2021

L’importanza della catena del freddo

Il settore degli alimenti refrigerati e congelati ha registrato, nell’ultimo decennio, un crescente successo, riconducibile essenzialmente all’applicazione della cosiddetta catena del freddo (supply chain), in tutte le sue fasi che vanno dalla produzione alla distribuzione e conservazione fino alla vendita. 

Il controllo della temperatura in queste fasi è, infatti, requisito essenziale per garantire la sicurezza e la qualità degli alimenti refrigerati e congelati nel rispetto delle direttive di legge e delle norme di produzione.

Attualmente le norme da osservare per il mantenimento della catena del freddo sono stabilite da un specifico Decreto Legislativo (il n. 110 del 27 gennaio 1992) a cui i produttori, i distributori e i venditori di alimenti refrigerati e congelati devono attenersi.


L’importanza della catena del freddo

Nei processi di produzione di alimenti congelati e refrigerati è indispensabile assicurare elevati standard igienici in tutte le varie fasi della produzione e congelare i prodotti velocemente e in modo appropriato subito dopo la loro preparazione.

Occorre inoltre mantenere rigorosamente controllata la temperatura di refrigerazione (<+5°C per prodotti freschi) o di congelamento (<-18°C per i surgelati) durante tutte le fasi che vanno dalla conservazione alla distribuzione, controllando accuratamente anche la temperatura di refrigerazione (<+5°C) o di congelamento (<-18°C) nelle celle di stoccaggio e nei banchi di vendita.

Fondamentale è assicurare che il trasferimento dei prodotti refrigerati o congelati venga effettuato senza “interruzioni” della catena del freddo soprattutto nei camion per la distribuzione, nelle celle frigorifero dei locali di vendita e nelle celle frigorifero dei banchi di vendita fino al consumo finale.

E’ molto importante che, sia il personale addetto che i consumatori, rispettino la corretta manipolazione e conservazione dei cibi refrigerati e congelati, per garantire fino in fondo una corretta qualità e salubrità di tali prodotti.

Fondamentale dunque che la catena del freddo risulti costante, pertanto il principale strumento utilizzato per verificare il rispetto della supply chain è il monitoraggio continuo della temperatura in ogni fase.

Attualmente, l’Accordo Internazionale sul Trasporto delle Merci Deperibili (accordo ATP) indica le seguenti temperature massime per il trasporto:

  • +7°C per le carni;
  • +6°C per i prodotti a base di carne e per il burro;
  • +4°C per il pollame;
  • +4°C il latte e i prodotti lattiero caseari;
  • +2°C per il pesce.
    Questi valori sono comunque validi per tutte le altre fasi della catena del freddo.
    Anche per gli alimenti congelati esistono delle temperature di riferimento per ogni stadio della supply chain; nello specifico la temperatura di questi prodotti deve essere mantenuta sempre al di sotto di -18°C; valori intorno a –15°C sono tollerati per brevi periodi di tempo nelle fasi di trasporto o di distribuzione.
    La temperatura dei banconi frigorifero deve essere mantenuta intorno a -18°C e, in ogni caso, non deve mai superare i -12°C.



La gestione qualitativa dei prodotti lungo la supply chain

L’applicazione della catena del freddo ha consentito con il tempo di migliorare il controllo della temperatura in tutte le fasi di produzione e distribuzione dei prodotti alimentari refrigerati o congelati, pertanto tale monitoraggio è diventato parte integrante del programma di gestione della qualità totale (Total Quality Management).

Le fasi di trasferimento del prodotto, per esempio dall’azienda ai veicoli per il trasporto, dalle celle frigorifero del punto vendita fino al frigorifero/congelatore domestico, rappresentano punti critici.

Un sistema utile per il controllo di queste fasi è rappresentato dalla cosiddetta “staffetta”, dove il testimone (il prodotto alimentare) viene trasferito da un responsabile ad un altro, e dove tutte le informazioni sulla temperatura del prodotto e sulla sua storia vengono documentate per iscritto.

Questo sistema, ovviamente, necessita di un’adeguata preparazione e correttezza da parte di tutti gli operatori coinvolti durante tutta la supply chain.

La corretta applicazione della catena del freddo si basa sul monitoraggio e sulla registrazione della temperatura del prodotto, pertanto le T possono essere misurate direttamente (a contatto con l’alimento) o indirettamente misurando la temperatura dell’ambiente circostante o tra due confezioni.

Per effettuare un controllo sulla “storia termica” di un prodotto durante la conservazione in condizioni di refrigerazione o congelamento, è necessario innanzitutto esaminare le registrazioni dei valori di temperatura dell’aria e i termometri, quindi controllare visivamente il prodotto, evidenziare eventuali segni di scongelamento come ad esempio l’evidente perdita di acqua o ghiaccio all’interno della confezione oppure verificare l’integrità della confezione.

E’ possibile anche misurare la temperatura tra due confezioni (misura non distruttiva) ed effettuare le misure con una sonda preraffreddata, assicurando un buon contatto con la superficie del prodotto, verificando che la sonda abbia una buona efficienza termica. Importante è l’utilizzo della sonda che, al fine di minimizzare l’errore dovuto alla conduzione del calore da altre zone, dovrebbe essere tenuta a contatto con il prodotto per un tempo sufficiente ad ottenere una indicazione di temperatura stabile e non fluttuante; meglio sarebbe se la T venisse rilevata in più punti muovendosi rapidamente da un punto all’altro.

Infine risulta fondamentale effettuare un test invasivo nel caso in cui le temperature rilevate siano molto elevate, facendo riferimento alle indicazioni del produttore dell’alimento e alle relative direttive europee: e.g. 92/2/CEE per le procedure ufficiali per le misure, 93/43/CEE per l’igiene degli alimenti.


lunedì 14 dicembre 2020

La supply chain alimentare

Il mercato agroalimentare negli ultimi anni è profondamente cambiato, oggi giorno le scorte di magazzino, laddove fosse possibile, sono sempre meno, in quanto la tendenza di qualche decennio fa, ossia vendere ciò che veniva prodotto è cambiata, in questi anni non è più realistico ed occorre produrre solo ciò che si riesce a vendere. Pertanto, le aziende sono passate ad un approccio marketing oriented, che permette loro di individuare esattamente i bisogni di mercato e andare a soddisfarli in una logica di quasi real time. In questo scenario la logistica integrata (supply chain management), grazie alla sua importanza strategica, ha consentito lo sviluppo e l'affermazione della filiera agroalimentare e dei concetti di tracciabilità e rintracciabilità in una condizione quantomai attuale di sicurezza alimentare.

La supply chain dei prodotti alimentari è un processo molto delicato e articolato che come primo aspetto, deve garantire e gestire l’approvvigionamento delle materie prime, passando dallo stoccaggio in magazzino per andare poi al rifornimento all’interno dei reparti. Nello stesso tempo deve anche occuparsi di gestire l’imballaggio della merce e assicurare il corretto flusso di trasporto su tutta la rete distributiva; tutto ciò cercando di garantire un’attenta pianificazione nel rispetto dei tempi previsti.

Si può tranquillamente affermare che una Supply chain efficiente, deve comprendere tutto il processo organizzativo, strategico e gestionale all’interno di un’azienda. 



La tecnologia

All’interno dei processi logistici, vi sono aspetti fondamentali legati alla tecnologia che oggi giorno sempre di più, non possono che essere fondamentali. Per esempio al giorno d’oggi si parla ormai di "droni", "IoT" (Internet of Things) o "Big Data", attraverso cui è poi possibile poi ricavare tutta una serie di informazioni in real time che possano servire in seguito per l’ottimizzazione di modelli futuri di supply chain.

I processi di standardizzazione nei flussi comunicativi, attraverso l’utilizzo di EDI (Electronic Data Interchange) hanno consentito di semplificare e ottimizzare lo scambio di informazioni tra tutti i player coinvolti nella catena distributiva, come ad esempio:

  • l’invio degli ordini di acquisto da parte dei clienti al buying office o ufficio gestione scorte;
  • trasmissione della fattura elettronica e/o packing list (liste di distribuzione) da parte del produttore al buying office o ufficio gestione scorte;
  • eventuale invio di packing list e/o etichette al magazzino logistico di origine;
  • in caso di merce importata, trasmissione di informazioni quali pre-clearing e prior notice dallo spedizioniere (che ha provveduto alle pratiche doganali);
  • invio di packing list al centro di distribuzione.

Tutto ciò per la parte informativa, senza contare poi tutta la parte distributiva legata alla radio frequenza (RF), ossia gestione del magazzino con sistemi di onde radio sui terminali degli operatori, in grado di ottimizzare tempi e metodi.  Vi sono poi magazzini completamente automatizzati gestisti dai robot, per lavorazioni massime di prodotti molto standard come per esempio l’acqua in plastica venduta e movimentata a bancali interi.

Infine, ma non per ordine d’importanza, vi è anche la gestione dei mezzi di trasporto con software satellitari, in grado di monitorare i camion lungo il percorso e in caso di trasporti refrigerati come i prodotti freschi (carne, pesce, formaggi, ecc) o surgelati, di rilasciare in tempo reale, il tracciato della temperatura in fase di consegna a garanzia del mantenimento della catena del freddo.



La tracciabilità

Per tracciabilità in logistica, si intende l'identificazione delle diverse fasi che percorre un prodotto o un pacco (in caso di gestione corriere) da un punto in cui si è originato (la fabbrica o il magazzino) fino a un punto di destinazione (il cliente o il negozio in caso di retail). 

Anche per la supply chain alimentare oltre che essere un requisito fondamentale per la gestione della sicurezza e delle emergenze alimentari, la tracciabilità ha un ruolo importante per garantire la qualità del prodotto; infatti, grazie a un accurato sistema di documentazione (ormai per lo più informatizzata), è possibile risalire a tutti i controlli eseguiti sui processi e i prodotti in ogni fase produttiva.

I termini tracciabilità e rintracciabilità o anche chiamati internazionalmente tracking per la tracciabilità e tracing per la rintracciabilità, spesso vengono utilizzati come sinonimi per identificare due processi ben precisi, ma che in realtà identificano due metodi speculari fra loro.

La tracciabilità/tracking è il processo che segue il prodotto da monte a valle della filiera (dall’inizio alla fine) in modo che, in ogni fase del processo, vengano lasciate opportune tracce chiamate: informazioni.

La rintracciabilità/tracing è il processo inverso della filiera (dalla fine all’inizio), ossia un metodo in grado di raccogliere le informazioni precedentemente rilasciate.

Nel primo caso, l’obiettivo di “tracciare” le informazioni è quello di stabilire quali agenti e quali elementi debbano “lasciare traccia” lungo tutto il processo; nel secondo caso invece, si tratta principalmente di evidenziare lo strumento tecnico utile a rintracciare queste “tracce”.



La Supply Chain agroalimentare

L’integrazione fra produzione agroalimentare e supply chain se ben integrata, può generare valore aggiunto lungo la filiera dando sicurezza e affidabilità sia al produttore che al consumatore attraverso lo stretto coordinamento delle attività logistiche lungo la catena di fornitura (supply chain). 

In particolare, l’evoluzione delle preferenze del consumatore ha portato ad una crescita esponenziale delle gamma e varietà dei prodotti agroalimentari disponibili, obbligando, di fatto, anche il flusso logistico a adeguarsi alle esigenze distributive attraverso un aumento della frequenza di consegna e alla ricerca di un livello di servizio sempre più alto. Questa profonda evoluzione è relativamente recente, ma è destinata a crescere radicalmente, in quanto la supply chain alimentare soprattutto per i prodotti freschi e freschissimi (carne, pesce, ortofrutta, latticini, salumi, ecc.), riveste e rivestirà un ruolo sempre più strategico, attraverso l’integrazione dei flussi fisici, informatici ed informativi fra clienti, servizi logistici, distributori e produttori.

L’origine delle principali difficoltà commerciali e distributive del sistema agro-alimentare e che danno luogo ad eccessive voci di costo, sono molto spesso da ricondursi alle inefficienze legate ad una non corretta gestione dei flussi lungo la supply chain, più che ad aspetti tecnici di produzione. Inoltre, occorre porre particolare attenzione al trasporto e alla gestione dei flussi informaci ed informativi, questo per il loro ruolo fondamentale di articolazione degli scambi, ma, soprattutto, perché il sistema agroalimentare italiano – e in particolare il settore dei prodotti alimentari deperibili freschi – è particolarmente sensibile alla distanza fra le aree produttive e quelle di consumo,  di conseguenza è basilare porre attenzione a tutti i flussi lungo la filiera per garantire un servizio efficiente e di valore al cliente finale.