lunedì 14 giugno 2021

La flora spontanea

La flora spontanea, costituita da malerbe, erbacce e infestanti che crescono spontaneamente nelle coltivazioni, viene da sempre considerata in modo negativo dagli orticoltori, tuttavia, se ben gestita e conosciuta, nella conduzione dell’orto circolare e non solo, può essere vista come una risorsa e non come uno svantaggio.



Le malerbe possono svilupparsi eccessivamente e senza controllo, andando così a competere con le colture dell’orto per l’acqua, i nutrienti e la luce, mettendo in questo modo in difficoltà le piante e la loro crescita, per questo motivo la flora spontanea andrà sicuramente contenuta. Se invece, le proprietà di queste erbe fossero meglio conosciute così come le loro funzioni, alcune di esse potrebbero essere rivalutate in quanto importanti per:

  1. il nutrimento e l’ospitalità di molti insetti utili anche impollinatori; 
  2. In quanto nemici naturali di alcuni parassiti di piante.
  3. Essere sentinelle in grado di individuare presenze pericolose per le coltivazioni.

Un’altra importante peculiarità nel riconoscimento delle malerbe è la possibilità di studiare le caratteristiche del terreno: alcune varietà, infatti, sono in grado di indicare se il suolo ha una buona dotazione di principi nutritivi, altre invece, se ha buona struttura, altre ancora se vi è un forte compattamento.

Partendo dalla condizione che per la natura un terreno “nudo” non è una condizione normale, dovremmo ragionare sul fatto che per tale motivo qualora vi fossero degli spazi incolti, questi verrebbero coperti da una vegetazione naturale così da proteggere quella parte di suolo dall’erosione, dalla formazione di crosta e dalle forti radiazioni solari che influirebbero negativamente sugli organismi terricoli. Per questo motivo la vegetazione protettiva si svilupperà dapprima con piante cosiddette  “pioniere”, cioè forti e con uno sviluppo rapido, le quali dapprima miglioreranno le caratteristiche del suolo e lo renderanno ospitale per le diverse specie che poi a loro volta lo faranno con altre per raggiungere con gli anni un equilibrio adatto a quel tipo di suolo; in questo modo le malerbe presenti nella maggior parte degli orti saranno così competitive, in quanto piante rustiche, forti e vigorose anche senza essere coltivate.

Quando andremo a coltivare il nostro orto circolare in qualche modo forzeremo il ciclo naturale imponendo lo sviluppo di una o poche specie, per questo motivo sarà fondamentale gestire la flora spontanea e la sua biodiversità contenendola con una buona pacciamatura.


Agr.Dott. Mauro Bertuzzi



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giovedì 13 maggio 2021

La tracciabilità e rintracciabilità nel pesce

I termini tracciabilità e rintracciabilità o anche chiamati internazionalmente tracking per la tracciabilità e tracing per la rintracciabilità, spesso vengono utilizzati come sinonimi per identificare due processi ben precisi, che in realtà identificano due metodi speculari fra loro.
La tracciabilità/tracking è il processo che segue il prodotto da monte a valle della filiera (dall’inizio alla fine) in modo che, in ogni fase del processo, vengano lasciate opportune tracce chiamate: informazioni.
La rintracciabilità/tracing è il processo inverso della filiera (dalla fine all’inizio), ossia un metodo in grado di raccogliere le informazioni precedentemente rilasciate.
Nel primo caso, l’obiettivo di “tracciare” le informazioni è quello di stabilire quali agenti e quali elementi debbano “lasciare traccia” lungo tutto il processo; nel secondo caso invece, si tratta principalmente di evidenziare lo strumento tecnico utile a rintracciare queste “tracce”.




La tracciabilità

La tracciabilità si può suddividere in tracciabiltà interna che ha come riferimento lo stabilimento di produzione, oppure tracciabiltà esterna che ha invece relazione lungo tutta la filiera.
Nella tracciabilità interna, il prodotto viene segnato esclusivamente nelle fasi di produzione gestite da un singolo operatore, di conseguenza non richiede che vengano create reti per garantire un flusso di informazioni fra diversi soggetti. Gli scopi per i quali un’azienda decide di adottare un sistema di tracciabilità interna sono prevalentemente quelli di ottimizzare i processi produttivi, attivare sistemi di gestione della qualità e di certificazione, garantire trasparenza per avviare opportune azioni di marketing.

Nella tracciabilità esterna o di filiera invece, ad essere tracciato è il prodotto lungo tutte le sue fasi, che siano esse tecnologiche, logistiche o di produzione. In questo caso quindi, è necessario avere un sistema che permetta ad operatori differenti, di scambiarsi i flussi di informazioni inerenti il prodotto trattato.

Nell’ittico la tracciabilità di filiera, è uno strumento ormai indispensabile per ottimizzare tutta la supply chain e qualificare il prodotto, visto che, sono ormai coinvolti una molteplicità di soggetti: produttori, distributori, logistiche, grossisti, gdo e dettaglianti fino al consumatore finale.

Negli ultimi anni l’esigenza di tracciare tutte le informazioni nel processo ittico, oltre che per i motivi sopra indicati, nasce da iniziative di oggetti aggreganti lungo la filiera produttiva, quali per esempio le associazioni di categoria o di prodotto oppure i consorzi di tutela.


La rintracciabilità

La rintracciabilità costituisce uno strumento insostituibile per consolidare le relazioni di fiducia tra produttore e consumatore in quanto permette a quest’ultimo di conoscere l’effettiva provenienza del pescato, che altrimenti non sarebbe in grado di determinare. Inoltre, la definizione degli attori che compongono la filiera e l’individuazione di tutti i passaggi che il prodotto compie prima di giungere al consumatore sono utili per l’attivazione di procedure di gestione e controllo della qualità.

Per implementare un sistema di rintracciabilità di filiera che funzioni, dovrebbero essere organizzati degli incontri preliminari, con i diversi attori della filiera: produttori,

commercianti, trasformatori, ristoratori, ecc., utili per stabilire le modalità di implementazione del sistema e i requisiti che è necessario rispettare per ogni “attore” coinvolto.
L’allestimento di un sistema di rintracciabilità principalmente si compone prima di tutto di una parte organizzativa e gestionale, poi di una piattaforma informatica a supporto del sistema stesso, composta da specifici hardware e software.

La definizione dell’organizzazione del sistema prende avvio dall’individuazione degli operatori coinvolti nel sistema stesso e prosegue poi con la definizione delle relative singole responsabilità.
Successivamente per ognuna delle filiere coinvolte dal progetto, dev’essere predisposto un manuale di rintracciabilità, ossia un documento che vada a regolamentare i rapporti tra le aziende che fanno parte della filiera e stabilisca inequivocabilmente modi e responsabilità.

Il manuale è imprescindibile ai fini della certificazione del sistema: rappresenta l’impegno con cui l’Ente – parte terza indipendente – deve utilizzare quale riferimento nelle verifiche ispettive sul campo, per l’effettiva applicazione del sistema di rintracciabilità in conformità alla norma UNI 10939:2001.

A supporto del sistema di rintracciabilità, ciascun operatore di filiera viene dotato dal progetto di uno specifico supporto hardware e del relativo software, che consente di archiviare i dati di rintracciabilità e di scambiarli con altri operatori del sistema.
Una volta completato il sistema di rintracciabilità, viene effettuata una verifica della sua funzionalità e la certificazione di conformità alla norma UNI 10939:2001 da parte di un Ente di certificazione indipendente.

La normativa UNI 10939:2001 indica i principi generali per la progettazione e l’attuazione di sistemi di rintracciabilità nelle filiere agroalimentari, che sono di riferimento anche per il settore ittico. Le attività necessarie per la messa a punto di tale sistema sono molteplici, in particolare però è necessario definire alcuni aspetti fondamentali:

– il prodotto ittico da rintracciare;
– le organizzazioni ed i flussi di materiali coinvolti come per esempio le imbarcazioni, il mercato ittico, il grossista, il trasportatore, il dettagliante o la Grande Distribuzione organizzata;
– le modalità di identificazione del prodotto: se sottoposto a certificazione viene identificato mediante il numero di lotto (numero o codice identificativo univoco) che gli viene affidato al momento della cattura;
– le modalità e le responsabilità della gestione dei dati, ossia la registrazione dei flussi di prodotto fra gli “attori” coinvolti lungo la filiera e la gestione di queste informazioni mediante un sistema informatizzato che deve basarsi su una piattaforma software comune a tutti gli operatori coinvolti nel sistema di rintracciabilità;
– gli accordi formalizzati tra le diverse organizzazioni coinvolte: ogni step va definito per identificare il campo di azione e di responsabilità preciso fra gli “attori” coinvolti, al fine di impostare la modalità di gestione ed il controllo del sistema, questo anche per monitorare e gestire tutti i requisiti igienico-sanitari in tutte le fasi del processo.
Un sistema di rintracciabilità che funzioni, deve poter offrire diverse garanzie, tra cui:
– la sicurezza, ossia l’individuazione di tutti i passaggi del prodotto e la loro documentazione deve consentire di intervenire tempestivamente nel caso in cui si verifichino emergenze alimentari, individuando e isolando i responsabili;
– l’organizzazione, ossia le varie organizzazioni della filiera provvedono alla definizione di una serie di regole interne alla filiera che permettano una corretta e proficua gestione del prodotto;
– la trasparenza e la fiducia, ossia tutti i documenti prodotti con il sistema di rintracciabilità devono consentire l’identificazione in modo univoco circa la provenienza del prodotto.

Se il sistema viene correttamente impostato, il consumatore viene messo nelle condizioni di conoscere la storia del prodotto certificato attraverso il numero di lotto indicato sull’etichetta apposta sulla confezione del prodotto stesso. Da qui la garanzia che attraverso questo codice univoco sia possibile infatti, ripercorrere il percorso che il prodotto ha compiuto dal momento della cattura fino all’acquisto.


Agr.Dott. Mauro Bertuzzi



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martedì 13 aprile 2021

La biodiversità nell'orto circolare

Il termine biodiversità deriva dal greco bios che significa vita, e dal latino diversitas che significa differenza o diversità. Come traduzione alternativa si potrebbe proporre biovarietà o varietà della vita presente sul pianeta. Il termine biodiversità si è ormai consolidato e viene comunemente utilizzato nei diversi ambiti scientifici e culturali (Wikipedia).


Vegetazione spontanea ai margini dell'orto circolare


In un orto circolare, possiamo affermare senza problemi che questo elemento è alla base delle coltivazioni, in quanto la diversità viene vista come una ricchezza ed un opportunità per produrre ortaggi sani, salubri e nel massimo rispetto dell’ambiente. 

Una prima regola è la diversificazione nella fase di semina e/o trapianto, ossia: quando andremo a seminare o trapiantare i nostri ortaggi, cercheremo all’interno di un singolo bancale, di non inserire una sola coltura, ma di sfruttare le consociazioni, ovvero cercare combinazioni di piante che staranno bene assieme e si supporteranno vicendevolmente.

Molto importante avere delle zone con vegetazione spontanea vicino al nostro orto circolare, questo aspetto sarà utile per le sue svariate funzioni che andranno dall’arricchimento del suolo di sostanza organica negli anni successivi alla funzione di attrazione per gli impollinatori e gli insetti utili. A tal proposito sarà fondamentale coltivare fiori e piante sempre nei pressi della zona orticola, in modo da favorire l’arrivo di api, bombi, sirfidi, ecc., utili per l’impollinazione, in questo modo miglioreremo di fatto orto e ambiente.

Basilare sarà anche la cura del suolo, infatti, come abbiamo visto nei paragrafi precedenti, avere diversità biologica nel terreno in termini di insetti e lombrichi, e di microrganismi, porterà assoluto beneficio sia in termini agronomici e quindi produttivi, ma anche di salvaguardia dell’ambiente inteso come non dispersione della CO2 nell’atmosfera.

Altro aspetto importante sono le sementi che garantiscono la diversità genetica e la riproducibilità, quindi non utilizzare come abbiamo visto nell’apposito capitolo sulle sementi gli ibridi commerciali F1, sia perché non sono geneticamente predisposti alla riproduzione e sia per la discendenza che presenterebbe delle caratteristiche diverse dalle piante originarie.

Chi avesse poi gli spazi, sarebbe importante ospitare piccoli animali come i ricci o le cinciallegre mediante una siepe ecologica, oppure anche predisporre un bugs hotel (casetta insetti utili), una bat box (casetta pipistrelli) e/o un ricovero per uccelli insettivori; tutto questo mix è basilare perché la natura genera spontaneamente quella diversità di cui abbiamo necessità.