domenica 20 febbraio 2022

Come progettare un impianto d'irrigazione in un orto circolare

Se disponiamo di uno spazio utile, sarà importante creare un sistema di recupero dell'acqua piovana fuori terra basato sul principio dei vasi comunicanti, che, raccogliendo una quantità di acqua da poter riutilizzare per irrigare l'orto, consentirà di recuperare questo prezioso liquido attraverso la pioggia dalle grondaie e nei pluviali invece di essere scaricata direttamente nelle fognature. 

A monte di tutto, se vogliamo riutilizzare l'acqua piovana, sarà necessario predisporsi ad una pulizia e manutenzione periodica delle grondaie in modo tale da evitare l’accumularsi dei detriti, delle foglie e quant'altro che poi finirebbe sicuramente nella cisterna intasando il filtro del collettore. La cosa migliore, sarà, quindi, quella di installare un parafoglie laddove la grondaia si congiungerà al pluviale, in questo modo bloccheremo la discesa del fogliame favorendo il deflusso del liquido; per il resto, si dovrà montare una cisterna (o barile o bidone) nelle vicinanze del pluviale per la raccolta dell’acqua piovana.

Qualora non si disponesse di una vasca di raccolta o non si potesse creare, sarà possibile irrigare prendendo l’acqua direttamente dal rubinetto del lavandino presente in giardino, oppure per chi ne avesse la possibilità, da un pozzo artesiano nel proprio appezzamento di terreno.





Dopo aver realizzato l’orto circolare, compresa la realizzazione dei bancali, a completamento della preparazione, dovremo realizzare e installare un impianto di irrigazione a goccia che possa portare acqua alle piante nei periodi di maggiore siccità.

Prima di ricoprire i bancali con materiale pacciamante organico, si dovranno posare dei tubi che attraversando l’orto, distribuiscano l’acqua dalla cisterna, dal rubinetto o dal pozzo artesiano, mediante tubicini forati posti sui nostri bancali.

I tubi forati, chiamati alette gocciolanti, dovranno essere installati su ogni bancale formando un quadrato o un anello.  Il diametro di questi tubi dovrà essere di circa 12-16 mm, che dovranno poi essere fissati sulla parte distesa del bancale mediante l’ausilio di appositi picchetti, sopra i quali si poserà uno strato di pacciamatura organica.

A questo punto se avremo seguito correttamente l’impostazione, ogni bancale sarà sormontato da un tubicino forato che lo percorrerà da ambo i lati piegandosi (attenzione ad evitare strozzature) e andando a formare due binari più o meno paralleli, che andranno poi a ricongiungersi nella parte alta e basale della prosa; in uno di questi punti, solitamente nella parte basale, si collegheranno per mezzo di una giuntura a “T”, collegata al tubo principale non forato, che dal nostro punto di raccolta (cisterna, pozzo o fontanella), invierà acqua a tutti i tubi forati, qui uno schema a titolo esemplificativo:


Schema impianto d’irrigazione realizzato su file xls


Al termine della messa in opera, comunque prima di procedere con la bio-pacciamatura, sarà auspicabile procedere ad una verifica dell’impianto, in modo tale da assicurarsi che tutte le zone vengano raggiunte in maniera uniforme dall’acqua, questo perché essendo il bancale ancora scoperto, sarà possibile verificare a occhio nudo la sua funzionalità.

La prova dell’impianto di irrigazione consentirà di verificare anche in quanto tempo tutta la superficie della parte piana del bancale si bagnerà e quando sarà completamente umida, questo perché a regime, l’acqua dovrà infiltrarsi lentamente verso il basso, così da raggiungere le piante che saranno coltivate. 

Grazie poi alla pacciamatura, si eviterà una rapida evaporazione dell’acqua, pertanto capire bene fino a punto il nostro impianto sarà funzionale, ci consentirà di evitare sprechi ed ottimizzare una risorsa sempre indispensabile.





Agr.Dott. Mauro Bertuzzi



⏪back⏩


martedì 25 gennaio 2022

Il Packaging alimentare

Un imballaggio (o imballo), è uno strumento utile alla conservazione di un bene per facilitarne la conservazione e facilitarne in tal modo il trasporto. Per riferirsi ad esso, è molto comune l'uso del termine inglese packaging: quest'ultimo, tuttavia, nel significato originale, assume un'accezione più ampia, ricomprendendo non solo la necessaria conservazione materiale del bene (scopo dell'imballaggio), ma andando a toccare anche gli aspetti immateriali del processo produttivo, industriale ed estetico. Al contrario, il termine italiano "imballaggio" assume un significato più ristretto, relativo all'involucro materiale, o all'operazione (o al complesso di operazioni) attraverso cui la merce viene racchiusa in un contenitore. (Wikipedia)

La normativa

La normativa italiana disciplina l’imballo come prodotto o composto di materiali di qualsiasi natura, adibito a contenere e a proteggere determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, in modo da consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore o all'utilizzatore al fine di assicurare la loro presentazione; definizione valida anche per gli articoli a perdere usati allo stesso scopo (art. 35, lett. a), ex decreto legislativo 22/97, ora art. 218 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante Norme in materia ambientale. Secondo tale classificazione presente all’interno del medesimo decreto, in Italia gli imballaggi sono distinti in tre tipi o categorie funzionali: imballo primario (per la vendita), imballo secondario (multiplo), imballo terziario (per il trasporto).




Il pack alimentare

Il confezionamento degli alimenti è un’operazione con cui viene applicata ad un prodotto alimentare una protezione fisica, chiamata imballaggio, che annulla o minimizza l'influenza dell'ambiente esterno. 

Gli imballaggi alimentari devono essere realizzati con materiali che non dovrebbero mai rilasciare sostanze tossiche o pericolose. Tuttavia, alcuni pack, specialmente se a contatto con un cibo caldo o lipofilo (in cui si possono sciogliere sostanze grasse), potrebbero rilasciare nell'alimento sostanze di tipo diverso e di quantità varia. Una corretta progettazione del packaging secondo i parametri dal D.M. 21/3/197, andrebbe a minimizzare le cessioni da parte della confezione all'alimento in modo da evitare problematiche di natura tossica. Materiali utilizzati per il confezionamento dei prodotti alimentari, devono avere caratteristiche particolari legate alla peculiarità della destinazione, per esempio:

  1. Non essere tossici e soprattutto compatibili con il tipo di alimento con cui devono venire a contatto.
  2. Garantire al prodotto un’adeguata protezione sanitaria, in modo da essere impenetrabili e fungere da barriera all'ingresso di microbi, polveri e sporcizia in genere, oltre che resistere all'attacco di insetti ed eventuali roditori.
  3. Evitare problematiche legate all’umidità ed eventualmente allo scioglimento dei grassi, in pratica essere termoresistenti.
  4. Evitare dispersioni (sia in entrata che in uscita) di gas e odori.
  5. Proteggere dalla luce oppure avere una buona trasparenza, in modo da evitare alterazioni legate alla luminosità.
  6. Resistenza ad eventuali traumi meccanici, evitare manomissioni ed eventualmente rivelare qualora ve ne fossero.
  7. Facile e maneggevole da aprire e anche eventualmente da richiudere (se fosse necessario), in modo da essere utilizzato nel modo corretto per poi essere smaltito secondo le normative vigenti in materia di igiene urbana.
  8. Adeguato nelle dimensioni, nella forma e nel peso, in modo da dare valore aggiunto in funzione del contenuto.
  9. Essere conforme alle nome di commercializzazione: l'imballaggio determina l'unità di vendita (oltre alle eventuali sub-unità), pertanto deve avere tutte le informazioni necessarie per una corretta identificazione merceologica dell’alimento, comprensiva di etichetta in grado di fornire le caratteristiche fisiche e nutrizionali, le modalità di conservazione e di utilizzo (se da conservare in frigorifero o meno, shelf life all’apertura e totale), i termini di scadenza e le indicazioni di tracciabilità (lotto di produzione), l’individuazione del produttore (eventualmente chi lo commercializza) ed eventuali immagini e colori suggestivi per l'acquisto.
  10. Pack utili alla movimentazione di magazzino e trasporto, i prodotti finiti presenti nei depositi alimentari così come le spedizioni, come anche le materie prime, devono avere un imballaggio tale da poter essere gestite al meglio in fase di carico, scarico e stivaggio, per garantire la massima efficienza per unità di dimensioni (piccole o grandi) e forme regolari, in modo da poter avere una massimizzazione economica, magari grazie anche all’ausilio di opportuni mezzi meccanici (carrelli, nastri, containers, ecc.).

In funzione alle caratteristiche per modalità di applicazione, gli imballaggi possono essere suddivisi in tre categorie:

  1. Imballaggio primario, per quei materiali che devono essere a diretto contatto con il prodotto.
  2. Imballaggio secondario, ossia un secondo rivestimento esterno all’alimento, non sempre né obbligatoriamente presente, utile però ad aumentare la protezione meccanica e a dare una forma migliore per la movimentazione di magazzino, oppure più semplicemente per realizzare un impatto visivo migliore ai fini dell'acquisto.
  3. Imballaggio terziario, legato al trasporto, per esempio casse, grandi cartoni, pedane, bins, ecc. Qualora invece fossero trasportati prodotti liquidi (esempio latte), polveri (esempio farina) o granulati (esempio zucchero) in grandi quantità sfuse, il mezzo di trasporto (cisterna o altro) fungerà contemporaneamente sia da imballaggio primario e che terziario.


Il pack sostenibile

La sostenibilità alimentare passa anche dalla protezione di alimenti e di confezioni che ne conservano meglio i prodotti e contemporaneamente non inquinano in quanto biodegradabili. A tal proposito, negli ultimi anni, la ricerca attorno al packaging sostenibile o green, da parte di aziende e startup di tutto il mondo, sta diventando molto importante vista la sensibilità ecologia su questo tema sempre più centrale nelle politiche economiche delle aziende alimentari. Di imballaggi sostenibili in commercio se ne possono ormai trovare di diverso di tipo che spaziano da lavorazioni di vegetali al recupero di materie prime.

I funghi e le alghe sono fra le sostanze naturali maggiormente studiate ed utilizzate per avere packaging sostenibili, tuttavia, negli ultimi anni anche foglie d’ulivo per contenere salmone affumicato o pellicole alimentari al chitosano stanno iniziando a guadagnare fette di mercato.

Vi sono poi soluzioni di packaging innovativo e futuristico, come ad esempio l’imballaggio

commestibile Wikicell, creato da un professore di Harvard che si basa su una membrana protettiva edibile per alimenti fatta di carboidrati, particolarmente utile per le confezioni di yogurt e bevande alcoliche. Altre soluzioni nuove di pack sono gli imballi cosiddetti intelligenti, dotati di linguette speciali che cambiano colore se lalimento scade segnalandolo in maniera inequivocabile. Per cibi liquidi sono presenti involucri biodegradabili e solubili in acqua, utilizzati in cibi come zuppe e minestre.

Considerando gli studi in essere e i progressi della ricerca, nei prossimi anni potremmo avere ulteriori e importanti sviluppi in materia di packaging, anche alla luce del fatto che la sensibilità e il tema ecologico sono ormai sempre più importanti non solo per le aziende, ma soprattutto fra i consumatori.



Agr.Dott. Mauro Bertuzzi



⏪back⏩

domenica 14 novembre 2021

Agricoltura e innovazione: internet delle cose (IoT)

Negli ultimi anni compreso lo scorso 2020, nonostante l’emergenza pandemica che ha travolto il paese, le tecnologie digitali hanno avuto una forte diffusione anche nel settore agricolo. L’Agricoltura 4.0 sta entrando sempre più diffusamente nella gestione delle aziende agricole lungo tutto la filiera attraverso varie modalità fra cui l’Internet of Things (IoT), l’ottimizzazione dei Big Data, l’Intelligenza Artificiale e la robotica, nel tentativo di efficientare sempre di più le varie attività che partono dalla produzione fino ad arrivare alla commercializzazione. 

IOT - Internet of Things

Internet delle cose (IdC o IoT, acronimo dell'inglese Internet of things), nelle telecomunicazioni è un neologismo riferito all'estensione di Internet al mondo degli oggetti e dei luoghi concreti. Introdotto da Kevin Ashton, cofondatore e direttore esecutivo di Auto-ID Center (consorzio di ricerca con sede al MIT), durante una presentazione presso Procter & Gamble nel 1999, il concetto fu in seguito sviluppato dall'agenzia di ricerca Gartner. (Wikipedia)

In sostanza IOT rappresenta una possibile evoluzione nell'utilizzo della rete internet: gli oggetti (le "cose") si rendono riconoscibili e acquisiscono intelligenza grazie al fatto di poter comunicare dati su sé stessi e accedere ad informazioni aggregate da parte di altri; in teoria tutti gli oggetti possono acquisire un ruolo attivo grazie al collegamento web.

Il suffisso "cosa /oggetto" si riferisce a categorie quali i dispositivi, le apparecchiature, gli impianti e sistemi, i materiali e le macchine, oggetti che connessi alla base dell’Internet delle cose vengono definiti smart objects (oggetti intelligenti) e si contraddistinguono per alcune proprietà o funzionalità che sono: l’identificazione, la connessione, la localizzazione e la capacità di elaborare dati e di interagire con l’ambiente esterno. 

L'obiettivo dell'IoT è fare in modo che il mondo elettronico tracci una mappa di quello reale, dando così un'identità elettronica alle cose e ai luoghi dell'ambiente fisico, per esempio gli oggetti e i luoghi in cui saranno presenti le etichette Identificazione a radio frequenza (Rfid) o Codici QR, comunicheranno informazioni in rete agli smartphone e a tutti i dispositivi elettronici in grado di “leggere” queste indicazioni.

I campi di applicabilità sono molteplici, si va dalle applicazioni industriali (processi produttivi), alla logistica, all'infomobilità fino ad arrivare al settore primario: l'agricoltura.




IOT in agricoltura

Per quanto riguarda l’agricoltura, al momento la tecnologia IoT è in una fase di crescita importante, perché consentirà alle aziende di procedere verso un cambio tecnologico e di mentalità fondamentale per il futuro delle stesse aziende. Esempi positivi nell’utilizzo di queste tecniche sono la gestione dei campi e degli allevamenti, dove attraverso sensori IoT si può collegare costantemente ed in modo continuo i vari processi sia per la gestione del bestiame che per la conduzione dei campi.

Negli allevamenti questi sistemi consentono di avere un monitoraggio preciso sulla distribuzione del mangime per gli animali e la produzione di latte, in modo da poter identificare con precisione e accuratezza, possibili cambiamenti in termini di salute, performances e status riproduttivo.

A livello di campo, molte aziende a conduzione seminativo, utilizzano IoT per la gestione dei fertilizzanti e sistemi di irrigazioni attraverso dei sensori, i quali forniscono una serie di dati utili sulle colture, consentendo un’analisi precisa e immediata della situazione, facendo risparmiare tempo e denaro sul lungo periodo. Capitolo molto importante è la sicurezza in fase di stoccaggio, perché silos e ascensori a grani, talvolta possono essere luoghi pericolosi con nastri trasportatori che si potrebbero bloccare, così come rischiare di incendiarsi, in questi casi l’utilizzo di sensori IoT per tenere traccia di potenziali pericoli, sarà fondamentale nella prevenzione attraverso varie modalità di allarme.

Considerando il crescente interesse dell’opinione pubblica nella salvaguardia della qualità dell’agroecosistema, per mantenere e rafforzare un legame tra le peculiarità di un alimento e il luogo dove esso viene prodotto, è possibile tramite innovativi sensori presenti sul terreno in coltivazione, rilevare parametri fisici di aria, acqua e suolo, in modo tale da valutare la qualità dell’ecosistema di produzione e quella dei prodotti da esso derivati, per esempio in termini di minor contenuto di agenti contaminanti. Attraverso l’utilizzo di questi protocolli, sarà possibile certificare la qualità ambientale su diversa scala: aziendale o parcellare, facendo seguire procedure di analisi sul microclima in grado di identificare potenziali condizioni di criticità ambientale, così da consentire la rintracciabilità geografica di materie prime e prodotti, monitorando e gestendo allo stesso tempo possibili emergenze.



I principali ostacoli

Le principali difficoltà nell’utilizzo dell’IoT in agricoltura sono sostanzialmente legate al costo dei sensori, a problemi infrastrutturali di reti non ancora così avanzate da consentire un collegamento tra le parti rapido e funzionale, una cultura tecnologica degli agricoltori non ancora diffusa dovuta per lo più ad una diffidenza nel cambio di abitudini. 

Per far sì che l’internet delle cose come già per altri settori possa diventare uno strumento a valore aggiunto per le aziende agricole, sarà necessario un abbassamento dei costi dei sensori cercando allo stesso tempo di fornire un supporto agli imprenditori agricoli che sia in grado di sostenerli in quel salto tecnologico sempre più necessario.